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Inflazione e BCE: perché un nuovo rialzo dei tassi è sbagliato

Il prof. Mele della Unicusano spiega perché  il rialzo dei tassi per combattere l’inflazione è uno strumento sbagliato

Roma, 8 settembre 2022 – L’inflazione ad agosto ha fatto registrare in Italia un livello medio preoccupante dell’ordine del 9.1%. A tale situazione, si aggiunge una forte preoccupazione per nuovi rialzi inflazionistici a doppia cifra a causa dell’annuncio di un possibile stop alle forniture di gas da parte della Russia che farebbe aumentare ancor più il prezzo del bene energetico.

Per contrastare l’inflazione, già dal mese di luglio, è intervenuta con grande ritardo la Banca Centrale Europea attraverso il rialzo dei saggi di interesse nel tentativo di porre un freno all’inflazione.

Tuttavia, tale strumento si è rivelato ad oggi inefficace. Pertanto, nei prossimi giorni ci potrebbe essere un nuovo e più sostanziale aumento dei tassi fino a 75 punti base al fine di dare una ulteriore correzione al costo del denaro.

La scelta di utilizzare nuovamente la leva monetaria restrittiva non trova tutti d’accordo e gli economisti dell’area euro si stanno dividendo tra falchi e colombe.

Tra questi, il Prof. Mele, Associato di Politica Economica all’Unicusano e autore di numerosi studi ad alto impatto scientifico, afferma che tale scelta rappresenti un errore nella situazione in cui ci troviamo oggi.

“La politica economica monetaria non accomodante è, per teoria economica, corretta: nel momento in cui l’inflazione sale si tende ad aumentare il costo del denaro per frenare la moneta in circolazione e quindi, i consumi.

Aumentare di 75 punti base i saggi di interesse avrà un impatto sicuramente negativo sull’economia italiana già in sofferenza. Da una parte, si rischia di contrarre eccessivamente gli investimenti interni e dall’altra, non è assolutamente detto che tale manovra possa coadiuvare il nostro tasso di cambio da giorni in flessione. Una politica monetaria restrittiva funziona correttamente nel frenare l’inflazione quando essa dipende da un eccesso di domanda aggregata.

Nel caso nostro l’aumento dei prezzi dipende dal lato dell’offerta ed in particolar modo, dall’aumento dei costi energetici. Si rischia, quindi, che al calo della produzione dovuto ad un maggior costo dei fattori produttivi si aggiunga una stretta nella capacità di finanziamento per le imprese a causa dell’aumento dei tassi.

Tale situazione amplificherebbe il ciclo economico negativo che stiamo vivendo. In altre parole si rischia seriamente di trovarci di fronte ad una tempesta perfetta dovuta al connubio tra inflazione e recessione economica”.

 

 

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