Malattia mentale: quando i malati erano un numero, senza diritto di sepoltura

La storia di Francesca, classe 1882, che un giorno sparì nell’OPN, l’ospedale psichiatrico di Vercelli, senza una degna sepoltura, perché i malati mentali erano un numero e non si seppellivano…

Vercelli, 26 aprile 2019 – C’è stato un tempo in Italia in cui si finiva in un ospedale psichiatrico alle prime avvisaglie di  malattia catalogata come “mentale”, e si spariva e moriva lontano da tutto e tutti, senza che i familiari potessero sapere nulla del destino del proprio caro.

La storia che stiamo per raccontarvi parla di Francesca (classe 1882), una sventurata donna del vercellese e una delle tante scomparse dalla vita civile. Francesca, prozia della scrittrice Barbara Appiano, che durante la guerra fù internata in manicomio a Vercelli perché presentava dei segni di schizofrenia.

Qualcuno allora decise il destino di Francesca, mentre un giorno era intenta a cucina. A Francesca dissero, ingannandola con la scusa di portarla al mercato dal paesino in cui risiedeva, di salire sul carro mentre invece la portarono all’OPN, l’ospedale psichiatrico di Vercelli.

Convinta di tornare presto Francesca lasciò persino le uova nella padella sulla stufa destinate a Pinotto, suo nipote, e zio della stessa scrittrice.

È grazie a Pinotto, in arte ‘86 cilindri’, che la scrittrice è venuta a sapere della storia della prozia, quando un giorno ritrovò in un suo cassetto il suo certificato di morte.

La Appiano non sapeva infatti chi fosse questa misteriosa signora dal nome Francesca, e lo zio così le narrò la storia della sua prigionia, conclusasi poi con il suicidio e la mancata sepoltura perché non si poteva redigere il certificato di morte, visto che a ogni persona che entrava nell’ospedale psichiatrico toglievano la carta d’identità e diventava un numero.

Certificato che venne questa volta però redatto solo perché Pinotto, nipote di Francesca, fece il diavolo a quattro.

La storia di Francesca è una storia raccapricciante, che racconta di come un tempo si “spariva” per un nulla, per perdersi per sempre, perdendo la vita in un ammasso di sventurati, ed è stata raccontata dalla stessa Barbara Appiano nel libro appena uscito “Echi nella nebbia a ridosso del cielo” per Kimerik editore.

Una storia che merita di essere conosciuta perché, anche se non bella, parla di un tratto del passato del nostro paese che merita di essere ricordato.

Barbara Appiano e i disabili mentali

L’autrice Barbara Appiano ha scritto numerosi manifesti culturali pubblicati su importanti testate di medicina a difesa dei “malati mentali” e delle loro famiglie, visto che dopo la prozia Francesca, l’eredità genetica di questa “malattia” ha passato il testimone a suo fratello Mario, disabile psichiatrico. 

Mario che è iscritto da oltre 20 anni all’elenco delle categorie protette per avere un lavoro, mai avuto, e che svolge lavori socialmente utili come operatore ecologico presso il comune di residenza, Santhià (Vercelli), sotto l’egida di un progetto chiamato “Ergoterapia”, gestito e voluto dal centro di salute mentale di Santhià.

Una struttura dove operano medici e infermieri vocati all’amore per il proprio lavoro che vista la tipizzazione della patologia è diventato un “fortino”, in cui operatori medici e paramedici svolgono al meglio con i pochi mezzi messi a disposizione delle istituzioni. Una missione di condivisione e affermazione di un’identità, quale quella del “malato psichiatrico” che ancora oggi non ha eguali per discriminazione ed emarginazione.

Al punto che il “problema della malattia mentale” è oggi confinato, nessuno o pochissimi ne parlano a livello mediatico di un disagio molto diffuso che coinvolge le famiglie, isolando non solo il malato ma anche l’intera famiglia.

“Una forma di ignoranza e arroganza che un paese di grande civiltà come l’Italia non può tollerare” dice la scrittrice. 

Statistiche sempre più mirate documentano ormai l’aumento dell’uso di psicofarmaci e sedute ai vari centri di salute mentale, e stigmatizzano un incremento del disagio psico-sociale legato alla vita quotidiana dove i problemi di lavoro e famiglia diventano terreno fertile per depressione, disturbi bipolari, e della personalità.

Disturbi che sfociano poi in insensati episodi di violenza, omicidi e suicidi, le cui dinamiche sono imperscrutabili al di fuori dell’ambito di maturazione del “problema”. Una realtà di cui noi siamo telespettatori di un diario di guerra, sottoposti come siamo quotidianamente al bollettino delle vittime snocciolati dai tg.

“Episodi che documentano un paese devastato dall’infelicità, quasi un parlare della malattia mentale che grida a gran voce quello che non va nella nostra società. Per questo ‘Echi nella nebbia a ridosso del cielo’ non è solo un libro, ma un grido sordo e contemporaneo che non smette di urlare la propria umanità rubata” conclude Barbara Appiano.

 

 

 

 

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Alla Book Fair di Londra le opere dell’autrice Barbara Appiano

Milano, 7 marzo 2019 – Alla imminente nuova edizione della London Book Fair, che si terrà dal 12 al 14 marzo prossimi, saranno esposti anche gli ultimi libri della scrittrice vercellese Barbara Appiano.

La Book Fair di Londra è una fiera molto importante del settore perché vi si incontrano i buyers per la cessione dei diritti d’autori dei libri per farli diventare film, docu fiction, cartoons ecc.

I libri in mostra saranno Il pianista velocista a cottimo“, “Adelante Palabra” e “Italia a fumetti, Italia a denti stretti“, tutti editi dall’editore italiano Kimerik.

Tre opere che rappresentano il cuore della variegata produzione artistica dell’inarrestabile autrice.

Il pianista velocista a cottimo” racconta le avventure della Appiano infiltratasi in un callcenter per denunciare le orribili condizioni di lavoro all’interno di queste moderne “fabbriche dell’alienazione“.

Come ha raccontato la Prof.ssa Sonia Francisetti Brolin:

Barbara Appiano, con questo vorticoso romanzo post-strutturalista, ci trascina nella nuova fabbrica del lavoro interinale, ossia il call-center, un non luogo, in cui disoccupati di tutte le età vendono la propria anima al nuovo Dio dei nostri tempi, un Dio tecnocrate, che, come ha profetizzato Pier Paolo Pasolini, ha massificato la nostra società.

Il libro è un romanzo di formazione intergenerazionale, in cui l’autrice, applicando il metodo Stanislavskij, ha davvero sperimentato quanto ci descrive, fino al punto di mettere in gioco Barbara Appiano, con questo vorticoso romanzo post-strutturalista, ci trascina nella nuova fabbrica del lavoro interinale, ossia il call-center, un non luogo, in cui disoccupati di tutte le età vendono la propria anima al nuovo Dio dei nostri tempi, un dio tecnocrate, che, come ha profetizzato Pier Paolo Pasolini, ha massificato la nostra società”.

Adelante palabra” è un libro di aforismi e pensieri della stessa scrittrice, da appoggiare sul comodino e gustarsi con calma. Un’opera piena di profonde riflessioni che gridano al mondo il dolore e l’indifferenza, che sono il cibo e l’onnipotenza della nostra umanità bestiale.

Italia a fumetti, Italia a denti stretti” è un romanzo storico a fumetti, che con un taglio nuovo e divertente, racconta eventi accaduti in Italia a partire dalla Seconda Guerra Mondiale.

Rispetto all’imbuto della storia, il giovane moderno, concentrato soltanto sul telefonino e sulle veloci immagini dei social, è così guidato ad analizzare episodi e vicende fondamentali per il nostro paese, perché impari a raccogliere i pezzettini smontati del puzzle dell’Italia. Guardando, per esempio, al boom economico del secondo dopoguerra, alla rivoluzione sessantottina, alle stragi delle Brigate Rosse o ai veleni di Quirra.

Tutti e 3 le opere sono disponibili sulle maggiori librerie online e su Amazon ai link “Il pianista velocista a cottimo“, “Adelante Palabra” e “Italia a fumetti, Italia a denti stretti

LA LONDON BOOK FAIR 2019

La London Book Fair è il mercato globale per la negoziazione dei diritti e la vendita e distribuzione di contenuti su stampa, audio, TV, film e canali digitali. Nel 2019 la LBF celebrerà il suo 48 ° anniversario.

Organizzata con cadenza annuale la Book Fair vede arrivare a Londra oltre 25.000 professionisti dell’editoria per la settimana della fiera per apprendere, mettere in rete e dare il via al loro nuovo anno di attività.

La London Book Fair si terrà all’interno della London Book & Screen Week, che si svolgerà dall’11 al 17 marzo 2019.

 

 

Al ‘Circolo dei lettori di Torino’ presentazione del libro “Il pianista velocista a cottimo”

Torino, 25 gennaio 2019 – Presso il ‘Circolo dei lettori’ di Torino, il 5 febbraio prossimo alle ore 18, si terrà la presentazione del libro “Il pianista velocista a cottimo” della scrittrice Barbara Appiano, che per l’occasione interagirà con gli ospiti per una piena condivisione dell’opera. Modererà l’incontro, a cui sarà presente anche l’editore Kimerik, la Prof.ssa Francisetti Brolin Sonia.

Mi sono infiltrata in un callcenter perché volevo provare di persona le assurde condizioni di lavoro che sapevo essere al limite dell’assurdo. E una volta assunta mi è stato dato subito il target dei secondi per ogni attività che potevo svolgere, compreso l’andare in bagno per fare la pipì”.

È così che la scrittrice Barbara Appiano racconta il suo infiltratasi in un callcenter per avere una esperienza diretta, e poterne poi scrivere, per denunciare le condizioni di vita e di sfruttamento dei lavoratori del settore.

“Svolgevo il mio compito di video terminalista in uno stanzone enorme con altri 50 operatori alle prese con cuffie, telefoni e un display che scandiva il tempo di ognunodi noi. Un display tipo quelli degli aeroporti, che riporta però tutto quello che fai, e che non appena ti siedi ti tramuta improvvisamente in un numero” continua la scrittrice.

“Se per qualsiasi ragione perdi la telefonata in arrivo questa viene dirottata ad altri operatori, ma tu perdi minuti preziosi e vieni perfino multato. E se ti alzi perché ti viene da grattarti il naso e ti togli la cuffia, che è collegata al display del “grande spione”, ecco che riparte il conteggio dei minuti non lavorati.

Gli stessi minuti che insieme ai minuti della pipì, del pranzo e del caffè, vanno ad incrementare i tuoi minuti di pausa, diventando tutti insieme un dato che misura la tua inefficienza”.

L’alienazione del callcenter trova poi la sua massima espressione nella velocità che il video terminalista velocista deve avere dal momento che prende la telefonata, e deve risolvere il problema di chi chiama in 2 minuti.

Sforato questo tempo il “grande cervellone spione”, come un kapò da lager, fa una resoconto dei minuti sforati, e questi ti vengono poi detratti dalla busta paga.

È un vero e proprio sfruttamento scientifico, di ogni singolo minuto della vita delle persone, comprese le 8 ore di formazione iniziali, che ho scoperto essere pagati da associazioni sindacali, con soldi presi dallo stato” dice ancora Barbara Appiano.

Una esperienza nuda e cruda, che viene raccontata senza filtri nel libro “Il pianista velocista a cottimo”, che riporta nel dettaglio l’alienazione delle “fabbriche telefoniche” dei callcenter.

Un racconto che vuole rimarcare proprio i valori della “fabbrica sentimentale” di Adriano Olivetti e la visione profetica di Pier Paolo Pasolini che predisse la massificazione della nostra società in tempi non sospetti, ben oltre 40 anni fa.

Un reportage che racconta la perdita dei valori universali di fratellanza e solidarietà, sostituiti dall’antagonismo e dalla competizione fra i lavoratori, dal loro sfruttamento alienante, nel nome della efficienza e della produzione” ci spiega ancora Barbara Appiano (www.appianobarbara.it).

Una infiltrazione coraggiosa quella della scrittrice vercellese, che l’ha portata ad osare fino ad essere scoperta nella sua missione di “testimone dell’alienazione”, e che l’ha trasformata in oggetto di minacce per la pubblicazione del libro.

Minacce che la scrittrice non ha però preso in considerazione, pubblicando per intero la sua esperienza.

Il libro è edito da Kimerik editore, con la prefazione della Prof.ssa Francisetti Brolin Sonia, docente di lettere al liceo Giordano Bruno di Torino e dottore di ricerca all’Università ‘La Sapienza di Roma”.

La prolifica scrittrice ha in attesa di pubblicazione ben altri  5 romanzi, che la stessa ha illustrato in una vetrina sul proprio sito www.appianobarbara.it.

L’appuntamento da non perdere è quindi per martedi 5 febbraio alle ore 18:00 presso la Sala Lettura del ‘Circolo dei lettori’ di Torino, in Via Bogino 9 presso il Palazzo Graneri della Roccia.

 

 

 

 

 

 

Al Salone della Cultura di Milano gli aforismi della scrittrice Barbara Appiano

Milano, 9 gennaio 2019 – È stata confermata la partecipazione al Salone della Cultura di Milano, che si terrà a Milano il 19 e 20 gennaio prossimi, della scrittrice Barbara Appiano, che parteciperà con i suoi 2 ultimi lavori,  ‘Il pianista velocista a cottimo‘ e  “Adelante palabra“, entrambi editi da Kimerik

La prolifica scrittrice vercellese, di origine torinese, ha recuperato le forze ed ha ricominciato a partecipare agli eventi culturali, dopo l’intervento chirurgico per la rimozione di un tumore che ha trasformato in un personaggio di un suo libro dal titolo “Diciotto millimetri di indifferenza, la cicatrice della mia esistenza” in prossima uscita a febbraio 2019 sempre Kimerik Editore.

La scrittrice incontrerà i suoi lettori in occasione del Salone, e li intratterrà con un dibattito aperto sulle sue due ultime fatiche.

‘Il pianista velocista a cottimo’, il libro denuncia sui callcenter

‘Il pianista velocista a cottimo’ è un romanzo di denuncia sul mondo dei callcenter.

“Mi sono infiltrata in un callcenter perché volevo provare di persona le assurde condizioni di lavoro che sapevo essere al limite dell’assurdo. E una volta assunta dal callcenter mi è stato dato sin da subito il target dei secondi per ogni attività che potevo svolgere, compreso l’andare in bagno per fare la pipì”.

A parlare è la scrittrice Barbara Appiano, infiltratasi in un callcenter per avere una esperienza diretta, e poterne poi scrivere per denunciare le condizioni di vita e di sfruttamento dei lavoratori del settore.

“Svolgevo il mio compito di video terminalista in uno stanzone enorme con altri 50 operatori alle prese con cuffie, telefoni e un display che scandiva il tempo di ognuno di noi. Un display tipo quelli degli aeroporti, che riporta però tutto quello che fai, e che non appena ti siedi ti tramuta improvvisamente in un numero” continua la scrittrice.

“Se per qualsiasi ragione perdi la telefonata in arrivo questa viene dirottata ad altri operatori, ma tu perdi minuti preziosi e vieni perfino multato. E se ti alzi perché ti viene da grattarti il naso e ti togli la cuffia, che è collegata al display del ‘grande spione’, ecco che riparte il conteggio dei minuti non lavorati.

Gli stessi minuti che insieme ai minuti della pipì, del pranzo e del caffè, vanno ad incrementare i tuoi minuti di pausa, diventando tutti insieme un dato che misura la tua inefficienza” denuncia ancora la scrittrice.

L’alienazione del callcenter trova poi la sua massima espressione nella velocità che il video terminalista velocista deve avere dal momento che prende la telefonata, e deve risolvere il problema di chi chiama in 2 minuti.

Sforato questo tempo il “grande cervellone spione”, come un kapò da lager, fa una resoconto dei minuti sforati, e questi ti vengono poi detratti dalla busta paga.

È un vero e proprio sfruttamento scientifico, di ogni singolo minuto della vita delle persone, comprese le 8 ore di formazione iniziali, che ho scoperto essere pagati da associazioni sindacali, con soldi presi dallo stato” spiega ancora Barbara Appiano.

Una esperienza nuda e cruda, che viene raccontata senza filtri in “Il pianista velocista a cottimo”, che riporta in dettaglio l’alienazione delle “fabbriche telefoniche” dei callcenter.

Un racconto che vuole rimarcare proprio i valori della “fabbrica sentimentale” di Adriano Olivetti e la visione profetica di Pier Paolo Pasolini che predisse la massificazione della nostra società in tempi non sospetti, ben oltre 40 anni fa.

Un reportage che racconta la perdita dei valori universali di fratellanza e solidarietà, sostituiti dall’antagonismo e dalla competizione fra i lavoratori, dal loro sfruttamento alienante, nel nome della efficienza e della produzione” ci spiega ancora Barbara Appiano (www.appianobarbara.it).

Una infiltrazione coraggiosa quella della scrittrice vercellese, che l’ha portata ad osare fino ad essere scoperta nella sua missione di “testimone dell’alienazione”, e che l’ha trasformata in oggetto di minacce e intimidazioni per la pubblicazione del libro.

Minacce che la scrittrice non ha però preso in considerazione, pubblicando per intero e senza filtri la sua esperienza.

Il libro è edito da Kimerik editore, con la prefazione della Prof.ssa Francisetti Brolin Sonia, docente di lettere al liceo Giordano Bruno di Torino e dottore di ricerca all’Università ‘La Sapienza di Roma”.

Adelante Palabra, una raccolta di aforismi e riflessioni su dolore e sofferenza

Barbara Appiano presenterà nell’ambito del Salone Culturale anche ‘Adelante Palabra’,  edito da Kimerik nel dicembre 2018 , una raccolta di aforismi e riflessioni sul dolore e la sofferenza, in cui il poeta è paragonato ad un vigile urbano, che anziché multare gli automobilisti per eccesso di velocità li porta ad alta quota senza pedaggi per immaginare un mondo alternativo, dove le parole sparse e sospese sono rivelazione e divinazione dell’umanità che vuole ancora emozionarsi.

Anche perché senza l’emozione, senza la poesia che trascende il mondo intellegibile e invisibile del sentire, l’uomo diventa arido più di un deserto, a secco di idee che non riesce ad essere diverso dalla sabbia che ospita.

Adelante Palabra è una sferzata di acqua fresca, un’arrampicata ad alta quota, e un funambolico viaggio nella poesia in cui il poeta, a detta della scrittrice è parimenti importante come un vigile urbano.

Perché entrambi, il poeta e il vigile urbano sono, secondo l’idea della stessa Barbara Appiano, sempre all’apice della nostra catena esistenziale: l’uno multa gli automobilisti che violano la velocità, spiati dagli autovelox ormai onnipresenti nelle nostre città, l’altro invece vede nella velocità della fantasia e dell’immaginazione un modo per uscire dall’insensatezza del nostro quotidiano.

La Prof.ssa Francisetti Brolin Sonia ha definito ‘Adelante Palabra’ ermetismo della parola sospesa, una forma di volo che non precipita nell’ovvio del luogo comune.

 

 

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A Vercelli anziani ammalati e bistrattati: “l’assistenza domiciliare solo un sogno”

Vercelli, 27 settembre 2018 – Sei un anziano ammalato, bisognose di cure ed assistenza ma hai una pensione e una casa, guadagnati dopo 40 anni di lavoro e duri sacrifici? Allora non hai diritto ad alcuna assistenza da parte delle istituzioni perché considerato “ricco”.

A denunciarlo la scrittrice Barbara Appiano, paladina della buona sanità, dell’ecologia, dell’ambiente e dell’arte, che interroga l’Italia e le istituzioni locali della Città di Santhià, in provincia di Vercelli, ove attualmente dimora, nella persona del sindaco Sig. Angelo Cappuccio, presidente del CISAS consorzio intercomunale per i servizi sociali, sulla inesistente assistenza domiciliare agli anziani, sebbene sia prevista da provvedimenti della stessa Regione Piemonte.

In Italia secondo studi recenti si invecchia senza che vi sia ricambio generazionale, perché non si fanno più figli.

Gli anziani sono il punto di partenza e di arrivo per educazione, testimonianza e senso del sacrificio con il quale hanno contribuito, sacrificandosi a ricostruire il paese nell’ultimo dopoguerra.

Gli anziani, sostiene la scrittrice, sono la memoria e il punto di riferimento fra passato, presente e futuro anche se oggi sono strumentalizzati in ogni dove, dalle truffe porta a porta ai maltrattamenti nelle case di riposo, all’abbandono totale.

Ed è proprio l’abbandono il protagonista dell’appello della scrittrice che vuole focalizzare l’attenzione del mondo della politica nazionale e locale partendo da una storia personale.

La scrittrice Barbara Appiano recentemente è stata operata di un tumore e oggi, ancora convalescente e sottoposta a terapie, vive una situazione famigliare al limite dell’assurdo.

La scrittrice, proprio per quello che svolge a livello letterario e nell’ambito della sua famiglia si ritiene una “lavoratrice socialmente utile“, assiste un fratello disabile psichiatrico, Mario di 52 anni, che sebbene sia da secoli iscritto alla lista dei lavoratori di fascia protetta con collocamento obbligatorio per inserimento obbligatorio nel mondo del lavoro , il lavoro non lo “trova” mai.

Ad allargare la sua famiglia vi è un zio materno, zio Pinotto, ultra 85enne, spesso personaggio dei suoi romanzi per le storie che narra e per la temerarietà con cui a 7 anni durante la guerra, andava di nascosto a vedere i film di Tarzan per imparare a nuotare. Che per lui significava gettarsi da un’altezza di 10 metri circa da un ponte del canale Cavour a Crova, nel vercellese dove è nato, per portare a casa le carpe, altrimenti non si mangiava…

Fatta questa premessa e preso in considerazione che ultimamente in Piemonte si è parlato molto del “Care Giver”, figura molto attenzionata ultimamente dai media e dai vari governi che si sono susseguiti, per cercare di intervenire sulla problematica dell’emarginazione e dell’abbandono degli anziani, mediante contributi economici finalizzati alla qualificazione professionale dell’assistenza famigliare.

Ruolo ricoperto attivamente dalla stessa scrittrice nella sua famiglia, vista l’assistenza a zio Pinotto 24 ore al giorno, pur essendo malata lei stessa, e che per questo ha interpellato le istituzioni per essere riconosciuta come Care Giver.

La Regione Piemonte, ove la scrittrice risiede, ha istituito leggi regionali varie quali la DGR 39 e seguenti mirate previa valutazione tecnicamente detta U.V.G. (Valutazione geriatrica , che comporta una commissione medico-sociale atta alla stessa valutazione del caso), che hanno lo scopo di aiutare a domicilio le persone anziane non autosufficienti ultra 65 anni e anche di età inferiore, riconoscendo un contributo per l’anziano non autosufficiente o per l’assistente famigliare.

La scrittrice, avuta la comunicazione del punteggio che colloca lo zio Pinotto nella fascia di intensa assistenza con un contributo riconosciuto nella GDGR 39 istituita dalla Regione Piemonte fino ad euro 1.350 euro o in alternativa un contributo fino ad euro 400,00 all’assistente famigliare, si è rivolta al CISAS di Santhià, ente gestore che deve erogare tali contributi.

La risposta è stata da parte dell’assistente sociale addetta ai servizi per gli anziani che l’ultimo contributo l’hanno dato ad un signore privo di reddito e allettato e che lo zio in fondo è ricco perché ha la pensione del lavoro e la casa. Pensione che secondo la scrittrice non gli hanno regalato, visto che ha lavorato per più di 40 anni e casa che ha acquistato con enormi sacrifici e che purtroppo non è agibile avendo barriere architettoniche che non consentono allo zio di abitarvi, visto che è allettato in ossigeno terapia 24 ore su 24.

Barbara Appiano ha chiesto spiegazioni alle istituzioni sanitarie di Vercelli, nella persona della dott.Serpieri, direttore generale, che nonostante ripetute telefonate e nonostante una comunicazione via mail inviatagli, rappresentando e documentando il problema.

“La DGR 39 non preveda liste d’attesa ed è assurdo che una persona allettata, sofferente, cardiopatica e non autosufficiente debba ancora aspettare. Èd è assurdo che si preveda la decurtazione di punti di valutazione e una penalizzazione perché si è “ricchi” perché si ha una casa ed una pensione dopo 40 anni di lavoro come agricoltore e operaio metalmeccanico” denuncia accorata la scrittrice.

Inoltre a tale discordanza circa lista d’attesa per erogazione contributi e in alternativa erogazione all’assistente famigliare nella fascia di assistenza alta per anziani non autosufficienti, non pongono i veti che il Consorzio CISAS pone, e nonostante questo Appiano non ha ricevuto nessuna spiegazione.

Se poi questa lista d’attesa è un provvedimento ad hoc per sfiancare i cittadini bisognosi, allora la scrittrice propone che si dia qualcosa a tutti, si da non discriminare i malati tra di loro per non innescare quella che è una guerra fra poveri.

La scrittrice ha spiegato che deve assentarsi per le terapia antitumorali e che non sa come fare e la risposta è stata una proposta di ricovero in una casa di riposo, che andrebbe a sradicare lo zio Pinotto dalla sua famiglia e dai suoi nipoti, dal cane Vera e dal gatto Rufus, che gli tengono compagnia.

Lo zio della scrittrice passa interi pomeriggi a narrare le storie della sua infanzia alla nipote che utilizza le sue testimonianze da inserire nei libri che scrive.

Perché zio Pinotto, anche se allettato e sottoposto ad ossigeno terapia e cure che prevedono ben 14 pastiglie giornaliere, è una persona che ricorda, magari a tratti, la sua infanzia in modo romantico e surreale, raccontando storie vissute che la nipote trasfonde nei suoi racconti e romanzi.

La DGR 39 della Regione Piemonte oggetto della richiesta della scrittrice non prevede inserimento in casa di riposo, ma prevede l’esatto contrario, e cioè un progetto di umanizzazione della malattia, delle infermità degli anziani finalizzate a conservare il ruolo che l’anziano ha come depositario di saggezza ed esperienza all’interno del proprio nucleo famigliare.

“Se è vero che è impossibile attuare la DGR 39 perché non vi sono denari sufficienti, perché allora l’assessorato alle politiche sociali e dell’assistenza sociale non comunica in modo ufficiale che tale legge non è più attuabile e che i progetti di domiciliarizzazione dell’anziano in ambito famigliare mediante i contributi non è più attuabile?Si eviterebbe quantomeno che le persone perdano tempo,senza false speranza di una assistenza di facciata, destinata solo a pochissime persone”, si interroga la scrittrice, non trovando alcuna risposta dalle istituzioni.

Non dimentica la scrittrice di sottolineare di come la DGR 39 per valorizzare il progetto di assistenza a domicilio dell’anziano non autosufficiente prevede obbligatoriamente che vi sia già riconosciuto anche il contributo dell’indennità di accompagnamento proprio per stigmatizzare che non c’entra il fatto che l’anziano di turno abbia questo contributo, che di per se non è sufficiente per un eventuale ricovero in casa di riposto.

Anzi, al contrario, la DGR 39 vuole contribuire per evitare il ricovero in casa di riposo.

Barbara Appiano si è sempre distinta per le sue battaglie e per la sua passione civile, e attende che le istituzioni rispondano  a lei e a tutte quelle famiglie che hanno lo stesso problema dell’assistenza a domicilio degli anziani.

 

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Vercelli: “Io, operata a Desio perché la sanità vercellese è allo sbando”

Vercelli, 8 agosto 2018 – È un confronto tragico quello tra la sanità di Vercelli e di Desio, in Lombardia, constatato da chi ha provato sulla propria pelle una diagnosi sbagliata ed un percorso di cura non corretto presso l’ospedale di Vercelli.

“Ora finalmente sono stata dimessa e l’operazione è andata bene. Sono stata operata a Desio, presso l’ospedale pubblico che fa parte dell’azienda socio sanitaria territoriale di Monza-Brianza, che è parte integrante e interattiva dell’ospedale S.Gerardo di Monza, polo universitario e istituto di ricerca”.

A parlare è Barbara Appiano, residente nel vercellese, ma fuggita a Desio per l’operazione e le cure per il suo male, perché ha trovato a Vercelli una sanità “allo sbando”.

Barbara Appiano è una scrittrice impegnata culturalmente sul fronte dell’ambiente, della cultura e della (mala) sanità italiana, e anche questa volta davanti alla triste realtà non ha potuto non denunciare, e non sottolineare le grandi differenze tra il funzionamento dell’ospedale di Vercelli e l’efficienza della sanità lombarda, sperimentate entrambe direttamente sulla propria pelle.

Le sue vicissitudini sono cominciate quando ha scoperto che nel vercellese non vengono mandate le lettere per gli screening mammografici, importanti strumenti per la prevenzione del tumore alla mammella. 

Barbara, non avendo ricevuto la lettera per il consueto screening, per sua fortuna si è ricordata della scadenza dei controlli, ed ha scritto all’azienda sanitaria per avere un appuntamento, fissatole poi al 31 maggio 2018. Con un intervallo di ben 25 giorni è stata richiamata e sottoposta ad un approfondimento di secondo livello effettuato poi il 27 di giugno.

L’esito finale è stato quello di un nodulo refertato con diagnosi sbagliata, che confermava la parte ascellare fosse “libera”.

Tutto sconfessato da approfondimento diagnostico fattole presso la chirurgia dell’Ospedale di Desio, ove peraltro opera un’equipe dimostratasi di eccellenza, diretta dal dott. Dario Maggioni, e medici chirurghi tra cui il dott. Francesco Dassi e il dott. Walter Berardi. Un team che ha a disposizione un ampio ventaglio di cure e protocolli medici chirurgici, con linee guida all’avanguardia per la cura dei vari tumori, tra cui il tumore alla mammella, big killer delle donne.

E per denunciare le gravi carenze e mancanze della sanità in provincia di Vercelli, Barbara non esita a parlare pubblicamente del suo male e di quanto ha dovuto subire.

“Desidero che quanto io ho sperimentato personalmente sulla mia pelle sia di dominio pubblico, in quanto in qualità di persona impegnata sul fronte culturale ritengo sia mio dovere, oltre che giusto, denunciare tutto quello che non va nelle nostre istituzioni.

Non posso non esprimere stima e rispetto per l’elevata professionalità dell’equipe medica, infermieristica e i servizi delle OSS  dell’ospedale di Desio, fondato nel lontano 1547 e che insieme all’ospedale S.Gerardo di Monza sono la prova tangibile che dove si investe, e bene, sulla sanità, questa funziona e serve bene i cittadini.

Osservo, da cittadina oltre che da scrittrice, che non si riesce a capire perché a Vercelli, capoluogo di provincia, sia un ospedale “allo sbando”, perché sbagliando diagnosi e cure, con reparti fantasma a causa delle chiusure selvagge tenute nascoste alla cittadinanza, mentre la città di Desio, che non è un capoluogo di provincia, ha una eccellenza medica quale la chirurgia diretta dal dott. Dario Maggioni che non ha da invidiare nulla a realtà magari più rinomate.

Ho sperimentato su me stessa come dovrebbe essere la qualità e la professionalità delle cure, in un ambiente serio e professionale. 

Mi sono state messe a disposizione la competenze di medici che operano in prima linea con impegno e passione con le proprie conoscenze costantemente aggiornate con protocolli che coinvolgono associazioni no profit quali “Amici per sempre ” fondata dal dott. Dario Maggioni  e “Cancro primo aiuto” ove il dott. Berardi Walter, chirurgo specializzato in senologia opera come medico volontario.

Stessa cosa posso dire di tutto il reparto infermieristico, persone calme e molto pazienti, con elevate competenze, che coordinano il lavoro dei medici con dedizione e pazienza.

Lascio a chi di dovere le riflessioni del caso. 

Non si tratta di essere campanilisti, si tratta di capire fino a che punto la sanità piemontese è stata “contagiata” dal “protocollo taglia tutto” praticata dalla compagine del governo regionale piemontese, nella fattispecie dall’assessorato alla sanità di Saitta e dall’attuale presidente della regione Sergio Chiamparino che trova il tempo per fare propaganda su un referendum per il consenso o meno della realizzazione della Tav da parte dei piemontesi, mentre non si occupa, forse perché non utile alla sua probabile nuova candidatura alle prossime elezioni regionali, della sanità vercellese che sta morendo, colpita da un tumore politico quale quello dei tagli e dell’indifferenza. 

E i cittadini sono così abbandonati a loro stessi che devono andare altrove per potersi curare correttamente.

La dignità non ha un colore politico ed è un patrimonio umano che pare a Vercelli nell’ambito della sanità sia stato spogliato del suo contenuto, quello della salvaguardia della salute dei cittadini la cui responsabilità politica e morale è da ricondurre a chi governa. 

E non provino a dire che non ci sono i soldi, perché i soldi c’erano e ci sono, basta saperli cercare, magari “rottamando cariche politiche istituzionali” che improduttive diventano un costo.

La sanità piemontese non è costo, le persone non sono un costo, le persone sono elettori e pazienti.

Il sig. Chiamparino con l’assessore Saitta lo mettano in conto e vengano a spiegare a noi, alla popolazione, perché non arrivano più le lettere per la prevenzione dello screening mammografico, perché vengono chiusi i reparti mantenendo, salvo errori, le cariche di funzione primario riferite a reparti che sono stati chiusi.

L’Italia e’ un paese bello, gli italiani sono persone creative e intelligenti, tutte le più grandi scoperte in ambito scientifico sono frutto delle più grandi menti di scienziati italiani, ma tutto questo non ha una ricaduta sul territorio, perché passato il momento del nazionalismo, per dire che noi italiani siamo capaci, tutto ritorno come prima.

Il sig. Tomasi di Lampedusa disse bene con il suo Gattopardo che “bisogna cambiare tutto per non cambiare niente”.

Vercelli è distante solo 120 km. da Desio, ma separano le 2 città una eternità di competenze e una gestione lontana anni luce una dall’altra.

E non stiamo parlando di un ospedale del terzo mondo, parliamo di un ospedale sito nella città  di Vercelli, capoluogo della produzione risicola europea.

 

 

 

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Malasanità a Vercelli: “Reparti chiusi e niente avvisi per la mammografia”

Vercelli, 31 luglio 2018 – “La cattiva sanità, la burocrazia e la disorganizzazione nel vercellese uccidono più della malattia“. A denunciarlo la scrittrice Barbara Appiano, che per un problema di salute personale ha provato in prima persona i disagi che sono costretti a provare gli ammalati della provincia di Vercelli.

A cominciare dal fatto che a Vercelli pare non ci sono i soldi per spedire le lettere per lo screening mammografico alle donne.

Qui di seguito la denuncia di Barbara Appiano su cosa non va, secondo lei, nel sistema sanitario del vercellese, e il suo appello ai politici locali a migliorare l’assistenza, senza procedere in nuovi tagli alla Sanità.

“Di recente ho potuto constatare di persona cosa non va nel sistema sanitario della mia provincia, Vercelli. Innanzitutto mi sono sentita ostaggio di una sanità disorganizzata, che non mi ha spedito la lettera per il controllo dello screening mammografico biennale. Per fortuna mi sono ricordata io della scadenza, ho provveduto io stessa a richiedere a metà maggio di quest’anno lo screening mediante una mail via Pec. E solo dopo l’invio della mail ho ricevuto una telefonata da parte del reparto screening di Vercelli, che mi ha proposto il controllo mammografico il 31 di maggio a Santhià” denuncia la scrittrice.

Ed è stato un vero miracolo il fatto di essermi ricordata della mammografia da fare, visto che effettivamente c’era qualcosa che non andava.

Ho vissuto l’assurdità della burocrazia sanitaria in prima persona e ho notato che a parità di numero di pazienti che si ammala sul territorio vercellese corrisponde una parità di tagli, mentre il nostro governatore del Piemonte Sergio Chiamparino pensa ad indire il referendum per chiedere ai cittadini il parere sulla Tav della Val di Susa.

Questo vuol dire che, in periodo di votazioni, i riflettori traslocano per il prossimo mandato regionale nella Val di Susa e non nel vercellese dove le persone muoiono di tumore e dove chi reclama gli viene detto che può andare a Novara.

Infatti la consolazione per Vercelli è un cartello al piano terra dell’Ospedale S.Andrea, che dopo avere visto chiuso il suo reparto di oncologia può però ammirare un cartello con la denominazione di ‘Polo Oncologico Novara-Vercelli’.

La cosa che più mi fa indignare è che a Vercelli sembra tutto in dismissione: non esiste più il reparto di oncologia, non vengono spedite le lettere per lo screening mammografico e quando vi è una diagnosi dubbia non viene fatto alcun esame di  approfondimento, disattendendo i protocolli sanitari nazionali.

Ho notato infatti che qui a Vercelli la disorganizzazione regna sovrana: al paziente viene richiesto di firmare che deve essere operato nel blocco operatorio, su un formulario firmato da un medico che non ti ha nemmeno visitato e non ha nemmeno il tuo referto sulla classificazione del tuo tumore, classificazione che nel mio caso era sbagliata in quanto necessitava di ulteriori accertamenti, che non mi sono stati illustrati.

Per non parlare poi del decorso della malattia: una volta che ti viene comunicato che hai un ospite indesiderato dentro di te la tua vita diventa un circo, dove ognuno dice la sua, e dove nessuno ti spiega il perché. 

Ebbene in questo circo io ho osato spiegare che non mi sarei operata a Vercelli e che avrei optato per un’altra regione, cioè la Lombardia.

A quel punto ecco scendere in campo il campanilismo: “Perché vuole operarsi in Lombardia?” mi e’ stato  chiesto e giù a enumerare i nomi dei chirurghi che anche senza reparto oncologico sono lo stesso bravissimi, ecc. ecc.

La mia risposta è stata: ‘Pago le tasse e quindi vado ad operarmi dove mi sento più sicura, visto che voi non mi date nessuna sicurezza e visto che il pressapochismo con cui il mio tumore è stato trattato è da operetta’.

Proprio lo stesso pressapochismo con cui a Vercelli si chiudono i reparti e si accorpano discipline mediche per risparmiare, con ricadute inevitabili sui malati.

In assenza del protocollo che prevede esame istologico tissutale e poi scintigrafia per la biopsia del linfonodo sentinella per il miglior risultato su un tumore iper-studiato, come quello della mammella, e che con i protocolli giusti garantisce la migliore cura con sopravvivenza al 98%, mi ha indotto a recarmi in un centro in Lombardia, dove in 4 settimane ho svolto tutte le indagini del caso e prenotato già un intervento nei giorni a venire.

A differenza dell’ospedale di Vercelli, che mi ha contattato telefonicamente solo dopo quasi un mese, e non dopo qualche giorno, per dirmi che dovevo ripetere l’esame con un approfondimento di secondo livello.

Vorrei capire se coloro che si occupano di riprogrammare i controlli di secondo livello nel caso di una sospetta neoplasia sarebbero contenti di ricevere questo stesso trattamento.

Ritardare anche solo di un giorno le importantissime comunicazioni sulla refertazione e diagnosi vuole dire banalizzare e non prendere sul serio il proprio lavoro e la vita delle persone visto che si ha a che fare  con una malattia seria, che purtroppo non farà che nuove vittime fintanto che verranno tagliati gli investimenti sulla Sanità.

A Vercelli si muore di tumore, come nel resto d’Italia, ma si tiene tutto sotto silenzio, e si tagliano i posti letto e i reparti in sordina.

Vercelli si potrebbe candidare ad essere un polo ricerca per le malattie tumorali vista l’alta incidenza di mortalità che questa malattia infligge alla popolazione, ma nessun politico propone un progetto simile, che potrebbe anche essere un modo per mettere al centro la città e il suo territorio.

Il cancro è purtroppo una specie di Robespierre che ghigliottina senza sosta, e che rende la parola sopravvivenza un sogno.

Il tumore è una parola che spaventa, che genera terrore a causa della sua reputazione, spesso alimentata da una sanità lumaca con cui questa entità gioca a scacchi sulle nostre stesse vite.

E la Regione Piemonte e l’Assessorato alla Sanità sono spesso perversi nello spiegare, quando lo spiegano, le motivazioni di chiusura dei reparti come quello di Oncologia.

Per questo chiedo ai politici: perché il Vercellese, che ha un elevato tasso di incidenza della malattia tumorale non ha un polo di riferimento, e ad oggi addirittura non vi è più il reparto di Oncologia, chiuso dall’attuale compagine politica della Regione Piemonte?

La nostra provincia dovrebbe essere potenziata con esperti oncologi e radiologi, e non è giustificabile il mancato recapito delle lettere per il controllo mammografico alle donne del Piemonte.

Come autrice, impegnata culturalmente, sono anche ambasciatrice di buona volontà presso il Centro Cardiologico Monzino e l’Istituto Oncologico Europeo per la ricerca cardiovascolare e oncologica e come cittadina piemontese senza fare campanilismi, denuncio una grave carenza negli ospedali della nostra provincia, che difetta di un coordinamento per la tutela della salute, e ha incredibili carenze organizzativeche creano improvvisazione, e che come nel mio caso, creano profonda sfiducia e delusione nei cittadini.

Perché il Presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino non utilizza i soldi per il possibile referendum sulla realizzazione della ferrovia ad alta velocità in Val di Susa per potenziare l’ospedale S.Andrea di Vercelli, e creare un polo oncologico serio, di riferimento, attirando medici e ricercatori?

 Si creerebbe cosi sul territorio un nuovo rapporto di fiducia verso le istituzioni e la Sanità! 

Questa non è politica, questa è la tutela della propria salute visto che è indubbio che anche i politici si possono ammalare di tumore.

Per questo non possono essere noncuranti delle problematiche che questa malattia innesca, e non possono risolvere a tavolino il ‘problema dei numeri’.

Per fortuna il mio tumore, che io chiamo Bosone di Higgs, è ancora piccolo. Presto sarà estirpato, ma tanti altri casi di malattia tumorale grave reclamano da parte del governo regionale piemontese attenzione e un serio progetto di cura e non di improvvisazione.

Personalmente continuerò nella mia attività di pubblicista e scrittrice ad evidenziare le carenze del mio paese e della mia regione, e in questo sarò sempre in prima linea senza compromessi, per dare voce a coloro che soffocati dalla paura della malattia muoiono già alla sola pronuncia della diagnosi.

Vittime di una parola che è negazionista della vita, e che soccombono davanti alla burocrazia e ai tagli sanitari, che ci riducono alla rassegnazione.

Io però non mi rassegno, e la storia del mio Bosone di Higgs, la mia particella scomunicata da Dio, sta per diventare un mio nuovo libro, che racconterà dei miei ’18 millimetri di indifferenza’, e di uno Stato senza coscienza.

Libro che invierò, una volta terminato, allo stesso assessore Saitta e al presidente Chiamparino, che nonostante la sua non più tenera età è ancora ritenuto valido e utile per il mondo della politica, mentre io a 55 anni sono ritenuta già vecchia per il mondo del lavoro e adesso, da malata, sono diventata doppiamente ingombrante, soprattutto per i politici malati di onnipotenza che si illudono che a loro, quello che succede alle persone normali, non accadrà mai”.

 

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A Santhià chiude radiologia: “Ci tagliano la Sanità, la dignità e la vita”

Vercelli, 11 giugno 2018 – Dopo la diffusione, inaspettata ed improvvisa, della notizia della chiusura del centro di radiologia a Santhià (Vercelli) sono molte le voci di protesta e dissenso che si sono sollevate sul territorio.

Pubblichiamo a tal proposito l’intervento della scrittrice Barbara Appiano, cittadina residente proprio a Santhià, che ha deciso di voler intervenire sulla sciagurata decisione.

LETTERA APERTA SULLA CHIUSURA DI RADIOLOGIA A SANTHIA’

CI TAGLIANO LA SANITÀ, LA DIGNITÀ E LA VITA

Sfratti eccellenti a Santhià provincia (trascurata) di Vercelli.

Chiude anche la radiologia e si sollevano i malumori della cittadinanza

Si dice che chiude provvisoriamente, o forse per sempre, senza che i cittadini siano stati informati in tempo e senza che abbiano potuto dire la loro su un argomento, come quello della salute, che li occupa e preoccupa quotidianamente.

Dopo le fabbriche che chiudono, le invasioni dei call center e il jobs act che continua a mietere vittime ora a Santhià viene dismessa anche la salute.

La spending review è ormai un fenomeno globale internazionale che sta mietendo molte vittime ovunque, nel silenzio delle case, negli ospedali e nelle case di riposo dove la salute viene oltraggiata dai tagli di una scimitarra che taglia tutto, oltre che le medicine la dignità e le stesse vite umane.

Viviamo ormai nell’epoca del turismo ospedaliero e sempre più ci sono realtà dove i cittadini sono costretti a prendere voli aerei per curarsi in cliniche lontane da casa.

Un realtà inaccettabile perché la salute è un diritto universale che non può essere negato a nessun cittadino.

Ormai viviamo in un mondo sempre più bipolare: l’1% dei ricchi si cura in cliniche costose e all’avanguardia, in cui ti ridonano persino la giovinezza, mentre il restante 99% della popolazione è costretta a fare la spesa nei discount e le uniche radiografie che riesce a fare è al proprio portafoglio, che va in rosso anche solo per pagare un semplice ticket.

E allora?

E allora è vietato ammalarsi. È vietato ammalarsi e anche lamentarsi.

Gli ospedali diventeranno sempre più degli alberghi di lusso a 5 stelle con percorsi riabilitativi dedicati solo a coloro che la salute se la possono comprare

I vertici politici ed amministrativi hanno deciso unilateralmente che la salute dei cittadini di Santhià, così come tanti altri posti in Italia, non necessita di radiografie e di mammografie, impattando sulla vita di tante persone.

E la tragedia è che già tanti anziani ormai non si curano più, perché con una pensione da fame rinunciano alla salute per aiutare nipoti e bisnipoti senza lavoro.

Le istituzioni poi ignorano che gli anziani sono malati anche di solitudine, incarcerati negli affetti che li tengono ostaggio di nipoti fannulloni, o prigionieri in case di riposo, con la retta da pagare.

La salute, sia fisica che mentale, è ormai stata declassata a malattia sociale, un peso sociale ed economico che mal si sopporta.

Siamo ormai all’immortalità dei tagli alla spesa pubblica, che ci seppellirà tutti.

Barbara Appiano

www.appianobarbara.it

 

 

È uscito “Citta’ senza semafori e case con le ruote”, il romanzo folle e visionario dell’autrice Barbara Appiano. 

Vercelli, 4 aprile 2018 – È uscito “Citta’ senza semafori e case con le ruote”, l’ultimo romanzo ‘folle’ dell’autrice Barbara Appiano di Santhià.

Il libro è edito dalla Fondazione Mario Luzi Editore di Roma che opera sotto l’egida dell’ Alto Patronato della Presidenza della Repubblica e collabora con l’Istituto Dante Alighieri e l’Accademia dei Lincei, e sarà reperibile in tutte le librerie e sui maggiori negozi online.

Si tratta di un vero e proprio romanzo visionario, così come descritto nell’introduzione “un romanzo sogno, caduto dalla bicicletta, quella di mio nonno”.

Mio nonno Ernesto in questo romanzo si dimentica di morire, rimanda il suo funerale, incontra Babilon, una terremotata della città dell’Aquila, si uniranno a loro Robinson Crusoe e Venerdi, e chiuderanno la comitiva i Templari, guardiani del Tempio di Gesù” racconta l’autrice.

Questa combriccola diventerà la ‘Confraternita dei temerari dell’incenso’, e l’incenso sarà quello che respireranno a Petra, città che nell’antichità è stata il crocevia del commercio dell’incenso.

L’incenso odoroso nelle notti di luna con il falò acceso davanti alla città fantasma di Petra, porterà la Confraternita’ dei Temerari dell’incenso verso la città di Calcutta, i monsoni contrari al loro cammino li ribalteranno indietro e si troveranno senza saperlo nel deserto del Gobi, incontreranno un vecchietto che munito  di bastone e mappamondo cammina senza faticare solcando la sabbia del deserto come fosse sull’acqua.

Si tratta di un ospite eccellente di questo romanzo, è Giordano Bruno, che terra’ una lectio magistralis sulla Natura e Dio.

In questo viaggio che è un giro nel mondo dei terremoti e delle alluvioni attuali e passate che hanno sotterrato civiltà e città che non avevano i semafori, la ‘Confraternita dei Temerari dell’Incenso’ interverrà sulle spiagge della Siria per aiutare una balena che persa la rotta si è spiaggiata davanti allo scenario devastante della guerra, arriveranno altre balene a spiaggiarsi, si che la guerra  verrà sospesa sine die perché i paesi belligeranti con l’aiuto della ‘Confraternita dei Temerari dell’incenso’ insieme e collaborando e posando i fucili aiuteranno le balene a ritornare in mare.

La guerra finirà grazie all’aiuto delle balene.

“Città senza semafori e case con le ruote” parla anche di case, quelle che vi portate nel cuore, che munito di ruote viaggia nelle emozioni degli altri per farle vostre e parla di semafori accesi e funzionanti e non come quello di Cavaglia, in provincia di Biella, che non funziona dai tempi dei Templari” racconta ancora Barbara Appiano.

Semafori che daranno il verde per diventare una grande comitiva planetaria di sognatori che caduti dalle varie biciclette, che useranno i piedi con le ali per volare sopra il dolore.

“Tu mi hai dato il tuo male e io l’ho accolto nel mio cuore, ed è diventato dolore.  Da li’ non se ne vuole andare perché vuole diventare amore”.

“CIttà senza semafori e case con le ruote”, un romanzo insomma che vuole dirci che l’amore aspetta che il semaforo spento si accenda, e non si spenga più.

Il ricavato del libro verrà in parte devoluto alla Pengo Life Project, associazione no profit che si occupa di divulgare in Italia il problema drammatico del bracconaggio cui sono sottoposti elefanti e rinoceronti.

L’associazione è spesso ospite della trasmissione ‘Arca di Noè’ del TG5, in cui la giornalista Maria Cocozza tempo fa lesse il racconto della stessa Barbara Appiano “L’orizzonte e il precipizio”, tratto da “La solitudine del giaguaro”, che narra le avventure di iShukuhru elefantina orfana.

 

 

Dalla quarta di copertina:

Città senza semafori, sprofondate in altra dimensione 

La cronaca dei nostri tempi ci ha sovente abituati a un eccesso di misura spesso ben oltre ogni immaginabile fantasiosità e anche, talora, sconfinante in qualsiasi possibile tolleranza di cui siamo saturi, si pensi ad esempio alla cronaca nera o la cronaca di guerra che ormai da anni impazza nelle nostre vite attraverso i mezzi di comunicazione di massa.

Dare colore, corpo e forma, alla nostra proiezione ideale è una nuova via di percorrenza verso l’io, il grande Sé individuale e mondiale con cui tornare ad avere un dialogo pacificato e sereno, o quantomeno tentarne una possibile modalità di riavvicina- mento.

Barbara Appiano, con il suo folle romanzo visionario, con la rivoluzione di spirito e prospettiva, tutta squilibrata, trova un nuovo equilibrio, si oppone in un duello sfidante con tutti i tic e le smanie, le fobie e le devianze dei nostri giorni.

Mattia Leombruno

Presidente Fondazione Mario Luzi

 

COPERTINA – APPIANO città senza semafori

 

 

Copertina del libro “Città senza semafori e case con le ruote” della scrittrice Barbara Appiano

 

Discarica di Salussola: il grido di dolore della scrittrice Barbara Appiano

Vercelli, 27 marzo 2018 – Anche la scrittrice Barbara Appiano, famosa per battersi a favore dell’ambiente e della tutela degli animali, in special modo gli elefanti, si è espressa duramente contro la discarica di Salussola, lanciando il seguente appello, che è anche un grido di dolore.

DICIAMO NO AI FRUTTI MALEFICI DELLA DISCARICA DI SALUSSOLA

A Salussola, paesino ridente tra la provincia di Vercelli e Biella, vogliono inaugurare il luogo per eccellenza deputato a diventare il luogo del turismo ecologicamente scorretto del futuro.

Sarà una discarica da “interramento ” con cubatura di 2.000.000.000 m3 di amianto da interrarre nel triangolo tra Salussola – Carisio-Buronzo e Santhia’ e relativo terreno della Baraggia, ove e’ coltivato il riso Arborio D.o.p.

Nel mese di febbraio scorso l’Ordine dei Medici di Vercelli si è opposto descrivendo tutti i problemi che sorgerebbero per la salute umana, le falde acquifere con relativi acquedotti, oltre alla devastazione paesaggistica di borghi come Nebbione e relativo Castello e il Borgo di S.Damiano con chiesetta votiva del ‘600, dove d’estate fanno la festa del riso sull’aia.

Uno scempio assurdo.

Amianto a più non posso sarà sotterrato come il milite ignoto in terra di risaia, sfrattando il riso arborio D.o.p. di Baraggia.

Una mutazione in piena regola con il plauso degli esperti dell’inquinamento insostenibile, ai danni dei nostri polmoni che al momento non hanno a magazzino il ricambio come fossero delle ruote di scorte.

Tante le firme per fermare il Leviatano dei Leviatani, sua maestà l’amianto, che diffonderà il suo verbo di mortale genia, disperdendo nell’aria la sua genia inestirpabile.

E così il nostro “Dio Amianto” che nessuno è richiesto vuole diventare il nostro vicino di casa, il nostro buttafuori, che più che buttare fuori, butta dentro in falda acquifera ben 2.000.000.000 di figli e nipoti suoi che altrimenti non saprebbero dove andare.

E così da Salussola minuscolo paesino che mai vorrebbe diventare famoso per tale futuro santuario immacolato, di amianto investito, fino alla tenuta del Nebbione e alla Tenuta di S.Damiano, luoghi a me cari che io descrivo in “città senza semafori e case con le ruote” avremo la Silicon Valley, un esodo del riso  che più che amaro sarà infiltrato di fibre che nulla hanno a che vedere con le fibre alimentari, quelle buone.

Luoghi certo non da location, ma luoghi agresti ricchi di storia che verranno polverizzati dall’amianto.

L’Ordine dei Medici di Vercelli ha posto il veto spiegando che non basterà la tachipirina per neutralizzare i potenziali mesoteliomi che infetteranno contadini, galline, cani, gatti, mucche e quant’altro, ma pare che il Leviatano dell’economia mondiale nella sua immortalità finanziaria, abbia deciso di trasformare questo luogo in un campo di concentramento  di fibre cancerogene che per viaggiare non avranno bisogni di treni carri bestiame.

Basterà il soffio del vento, e anche a riposo la fibra che non è la fibra del telefono senza fili, viaggerà più veloce della luce, più lenta del tempo che impiega a stazionare nei tuoi polmoni per diventare un mesoteliomi da gran turismo, quello delle discariche e relativi contenuti.

Solo Dio in questo é bravo, che l’amianto sarà l’unico Dio che ci aspetta in questi luoghi?

Esperti catechisti consiglieranno gite in loco con maschere antigas e consiglieranno accessori salvavita che creeranno un indotto da PIL nazionale

Cavie di ogni specie, taglia e genere, armatevi, vi aspetta un futuro polverizzato da polveri sottili e malefiche.

L’italia, paese dell’accoglienza, accoglie e adotta l’amianto dell’epoca giurassica del sig. Schmiedeiny, rispettabile cittadino svizzero dimorante in un luogo, la Svizzera, che oltre a custodire segreti e forzieri è allergica all’estradizione dei suoi cittadini.

Ergo, Il padre dell’amianto immune dalle polveri sottili respira l’aria di montagna di elvetica memoria, mentre il vercellese ed il biellese ospiterà i tanti frutti avvelenati del lavoro di Schmiedeiny, che dopo Padre Pio é l’esule del terzo millennio, cercato da tutti senza che nessuno lo voglia veramente cercare.

 

Firmato

Barbara Appiano

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Salussola, panorama da San Daminano di Carisio (Fonte foto Wikipedia: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Salussola_pan_da_san_daminano_di_carisio.jpg)

 

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