Vercelli, 8 agosto 2018 – È un confronto tragico quello tra la sanità di Vercelli e di Desio, in Lombardia, constatato da chi ha provato sulla propria pelle una diagnosi sbagliata ed un percorso di cura non corretto presso l’ospedale di Vercelli.
“Ora finalmente sono stata dimessa e l’operazione è andata bene. Sono stata operata a Desio, presso l’ospedale pubblico che fa parte dell’azienda socio sanitaria territoriale di Monza-Brianza, che è parte integrante e interattiva dell’ospedale S.Gerardo di Monza, polo universitario e istituto di ricerca”.
A parlare è Barbara Appiano, residente nel vercellese, ma fuggita a Desio per l’operazione e le cure per il suo male, perché ha trovato a Vercelli una sanità “allo sbando”.
Barbara Appiano è una scrittrice impegnata culturalmente sul fronte dell’ambiente, della cultura e della (mala) sanità italiana, e anche questa volta davanti alla triste realtà non ha potuto non denunciare, e non sottolineare le grandi differenze tra il funzionamento dell’ospedale di Vercelli e l’efficienza della sanità lombarda, sperimentate entrambe direttamente sulla propria pelle.
Le sue vicissitudini sono cominciate quando ha scoperto che nel vercellese non vengono mandate le lettere per gli screening mammografici, importanti strumenti per la prevenzione del tumore alla mammella.
Barbara, non avendo ricevuto la lettera per il consueto screening, per sua fortuna si è ricordata della scadenza dei controlli, ed ha scritto all’azienda sanitaria per avere un appuntamento, fissatole poi al 31 maggio 2018. Con un intervallo di ben 25 giorni è stata richiamata e sottoposta ad un approfondimento di secondo livello effettuato poi il 27 di giugno.
L’esito finale è stato quello di un nodulo refertato con diagnosi sbagliata, che confermava la parte ascellare fosse “libera”.
Tutto sconfessato da approfondimento diagnostico fattole presso la chirurgia dell’Ospedale di Desio, ove peraltro opera un’equipe dimostratasi di eccellenza, diretta dal dott. Dario Maggioni, e medici chirurghi tra cui il dott. Francesco Dassi e il dott. Walter Berardi. Un team che ha a disposizione un ampio ventaglio di cure e protocolli medici chirurgici, con linee guida all’avanguardia per la cura dei vari tumori, tra cui il tumore alla mammella, big killer delle donne.
E per denunciare le gravi carenze e mancanze della sanità in provincia di Vercelli, Barbara non esita a parlare pubblicamente del suo male e di quanto ha dovuto subire.
“Desidero che quanto io ho sperimentato personalmente sulla mia pelle sia di dominio pubblico, in quanto in qualità di persona impegnata sul fronte culturale ritengo sia mio dovere, oltre che giusto, denunciare tutto quello che non va nelle nostre istituzioni.
Non posso non esprimere stima e rispetto per l’elevata professionalità dell’equipe medica, infermieristica e i servizi delle OSS dell’ospedale di Desio, fondato nel lontano 1547 e che insieme all’ospedale S.Gerardo di Monza sono la prova tangibile che dove si investe, e bene, sulla sanità, questa funziona e serve bene i cittadini.
Osservo, da cittadina oltre che da scrittrice, che non si riesce a capire perché a Vercelli, capoluogo di provincia, sia un ospedale “allo sbando”, perché sbagliando diagnosi e cure, con reparti fantasma a causa delle chiusure selvagge tenute nascoste alla cittadinanza, mentre la città di Desio, che non è un capoluogo di provincia, ha una eccellenza medica quale la chirurgia diretta dal dott. Dario Maggioni che non ha da invidiare nulla a realtà magari più rinomate.
Ho sperimentato su me stessa come dovrebbe essere la qualità e la professionalità delle cure, in un ambiente serio e professionale.
Mi sono state messe a disposizione la competenze di medici che operano in prima linea con impegno e passione con le proprie conoscenze costantemente aggiornate con protocolli che coinvolgono associazioni no profit quali “Amici per sempre ” fondata dal dott. Dario Maggioni e “Cancro primo aiuto” ove il dott. Berardi Walter, chirurgo specializzato in senologia opera come medico volontario.
Stessa cosa posso dire di tutto il reparto infermieristico, persone calme e molto pazienti, con elevate competenze, che coordinano il lavoro dei medici con dedizione e pazienza.
Lascio a chi di dovere le riflessioni del caso.
Non si tratta di essere campanilisti, si tratta di capire fino a che punto la sanità piemontese è stata “contagiata” dal “protocollo taglia tutto” praticata dalla compagine del governo regionale piemontese, nella fattispecie dall’assessorato alla sanità di Saitta e dall’attuale presidente della regione Sergio Chiamparino che trova il tempo per fare propaganda su un referendum per il consenso o meno della realizzazione della Tav da parte dei piemontesi, mentre non si occupa, forse perché non utile alla sua probabile nuova candidatura alle prossime elezioni regionali, della sanità vercellese che sta morendo, colpita da un tumore politico quale quello dei tagli e dell’indifferenza.
E i cittadini sono così abbandonati a loro stessi che devono andare altrove per potersi curare correttamente.
La dignità non ha un colore politico ed è un patrimonio umano che pare a Vercelli nell’ambito della sanità sia stato spogliato del suo contenuto, quello della salvaguardia della salute dei cittadini la cui responsabilità politica e morale è da ricondurre a chi governa.
E non provino a dire che non ci sono i soldi, perché i soldi c’erano e ci sono, basta saperli cercare, magari “rottamando cariche politiche istituzionali” che improduttive diventano un costo.
La sanità piemontese non è costo, le persone non sono un costo, le persone sono elettori e pazienti.
Il sig. Chiamparino con l’assessore Saitta lo mettano in conto e vengano a spiegare a noi, alla popolazione, perché non arrivano più le lettere per la prevenzione dello screening mammografico, perché vengono chiusi i reparti mantenendo, salvo errori, le cariche di funzione primario riferite a reparti che sono stati chiusi.
L’Italia e’ un paese bello, gli italiani sono persone creative e intelligenti, tutte le più grandi scoperte in ambito scientifico sono frutto delle più grandi menti di scienziati italiani, ma tutto questo non ha una ricaduta sul territorio, perché passato il momento del nazionalismo, per dire che noi italiani siamo capaci, tutto ritorno come prima.
Il sig. Tomasi di Lampedusa disse bene con il suo Gattopardo che “bisogna cambiare tutto per non cambiare niente”.
Vercelli è distante solo 120 km. da Desio, ma separano le 2 città una eternità di competenze e una gestione lontana anni luce una dall’altra.
E non stiamo parlando di un ospedale del terzo mondo, parliamo di un ospedale sito nella città di Vercelli, capoluogo della produzione risicola europea.
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