Roma, 21 gennaio 2019 – Tutto si evolve velocemente e quello che fino a pochi anni fa sembrava essere una certezza viene prontamente cambiato e dimenticato . Questo avviene chiaramente anche in campo medico e scientifico. Negli ultimi tempi troviamo sempre più riferimenti sul web della inutilità del dosaggio del PSA plasmatico per la diagnosi del carcinoma prostatico, metodica fino a pochi anni fa unica e insostituibile .
Abbiamo quindi chiesto aggiornamenti e chiarimenti al professor Andrea Militello, tra i più quotati urologi e andrologi di Roma, che esercita anche nelle città di Viterbo e Avezzano
“È un discorso fatto di molte sfumature. Il PSA rimane in ogni caso un indicatore di salute prostatica, il problema vero è che non è strettamente tumore dipendente per cui potremmo avere casi di tumore prostatico con PSA basso oppure casi di assenza di malattia che presentano però dei PSA molto elevati . Questo può succedere ad esempio per la presenza di infiammazioni o infezioni della prostata” ci spiega l’ urologo Andrea Militello,
“L’uso indiscriminato ed eccessivo del PSA plasmatico nei periodi precedenti ha obbligato molti uomini a sottoporsi ad interventi chirurgici demolitivi per risolvere forme di tumore prostatico che invece non avrebbero avuto nessun tipo di aggressività. Il problema Infatti non è tanto la presenza del focolaio neoplastico quanto la aggressività biologica del tumore , è su questo elemento che dobbiamo orientarci e basare il nostro percorso terapeutico” continua il dottore.
Ci sembra quindi di capire che non tutti i tumori della prostata devono essere aggrediti.
“Assolutamente no, molte forme di tumore ci accompagneranno per tutta la vita silenziosamente e innocentemente. È ormai famosa la frase che ci ricorda che ‘si muore spesso con il tumore della prostata e non per il tumore della prostata’ ” continua l’andrologo romano.
Quali possono essere allora gli esami o i marcatori che possiamo eseguire per essere più sicuri nella diagnostica, sia per la presenza del tumore che per la sua eventuale aggressività?
“Anni fa ho introdotto il pca3 urinario una metodica che sembrava essere rivoluzionaria e di cui devo dire inizialmente sono stato un introduttore e sostenitore nella mia pratica clinica, ma devo riconoscere che per quanto riguarda i costi e l’attendibilità le aspettative iniziali sono state poi piano piano abbandonate” ci dice ancora il dottore.
Negli ultimi tempi sta prendendo sempre più spazio in campo urologico l’uso di un test di trascrizione inversa che si esegue su campioni di urina dopo il massaggio prostatico, il test MDX Select dell’RNA.
Questo test è in grado di misurare i valori dell’mRNA di alcuni bio marcatori DLX1 e HOXC6 , KLK3, PCA3. Livelli più elevati di espressione di questi marcatori sono associati ad una aumentata probabilità di essere affetti da carcinoma della prostata di alto grado, dove per alto grado intendiamo un Gleason superiore a sette.
Il test MDX Select è quindi un test molecolare non invasivo, potremmo chiamarlo una biopsia liquida, che potrebbe aiutarci a identificare pazienti ad alto rischio e nello stesso tempo darci la possibilità di ridurre l’esecuzione di biopsie prostatiche inutili e non necessarie
Ma quali sono attualmente i limiti di questa metodica?
Come sempre purtroppo i costi ancora elevati e nello stesso tempo la disponibilità dei laboratori ad eseguirlo, ma potrebbe essere sicuramente un aiuto validissimo per determinare quali di eventuali forme aggressive di tumore prostatico siano meritevoli di trattamento ed attenzione.
“Rimane sempre come mio ultimo messaggio l’indispensabilità da parte di tutti noi uomini di eseguire annualmente la visita urologica” conclude il Dr. Militello.
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