Cosa c’era dentro la mente criminale di Adolf Hitler?

Milano, 23 ottobre 2015 – L’attualità politica ci impone di comprendere le opere e la psicopatologia di Adolf Hitler, il peggior criminale del XX secolo. Riccardo Dalle Luche e Luca Petrini si sono posti un obiettivo da far tremare i polsi: riassumere, approfondire e giudicare tutte le teorie psicologiche e psicopatologiche che hanno tentato di “spiegarela mente di Adolf Hitler in un libro intitolato “Adolf Hitler, analisi di una mente criminale“. Un’opera che contiene studi frutto delle ricerche di psichiatri statunitensi ed europei che si accompagnano inevitabilmente alla storiografia sul Führer e il nazismo, visto che le vicende del Terzo Reich rinviano ad un “nocciolo” irrazionale che pervade sia la figura del dittatore tedesco, sia l’entourage di cui si circondò, e sia l’intero apparato del nazionalsocialismo.

Come ha commentato Corrado Augias su La Repubblica: “Del peggior criminale del XX secolo, uno dei massimi della Storia, Adolf Hitler, conosciamo, chi più chi meno, gli eventi principali della vita, le azioni. Poco invece, in genere, sulle spinte interne che lo spinsero a un comportamento così efferato. Due esperti di problemi della psiche, Riccardo Dalle Luche e Luca Petrini, ci offrono un esauriente, e affascinante, panorama di ipotesi sulle condizioni mentali del dittatore tedesco nel libro “Adolf Hitler, analisi di una mente criminale“.

Ho usato con riluttanza l’aggettivo affascinante ma è l’effetto che ha esercitato su di me questa lettura. Scorrere queste pagine è come affacciarsi sull’orlo di un pozzo al fondo del quale si agitino creature ripugnanti: se ne avvertono l’attrazione e il pericolo, appena rassicurati dalla distanza. I due autori, che lavorano nel campo della psichiatria e della psicoterapia, esaminano, comparano, discutono tutte le principali ipotesi avanzate nel corso degli anni sulla mentalità di Hitler. Era nato da una modesta famiglia austriaca (“bambino fragile, malaticcio, dipendente dalla madre, inabile alla visita di leva”), forse con un nonno ebreo; ebbe un’infanzia turbata da vari episodi oscuri, durante la quale assisté casualmente a un amplesso tra i genitori (la famosa “scena primaria”) e una giovinezza afflitta da una temporanea cecità isterica”.

La vita privata di Hitler è segnata da episodi di indubbia rilevanza psichiatrica e si intreccia con quella, altrettanto tumultuosa, della leadership del suo movimento: un connubio micidiale che non solo ha prodotto un regime “delirante” (a dispetto del vasto consenso popolare che l’ha sorretto per dodici anni), ma che ancora oggi si segnala come caso estremo di follia al potere.

Ancora Augias commenta: “L’uomo aveva comunque capacità d’intuizione e un potere quasi magnetico capace di suggestionare individui e masse. Del resto, secondo Le Bon, il leader deve: “abusare di dichiarazioni violente, esagerare, affermare, ripetere, mai tentare di dimostrare fatti o idee con un ragionamento logico”.

Muovendosi agilmente tra biografia, affresco storico, rievocazione aneddotica e interpretazione scientifica, il saggio di Dalle Luche e Petrini compie un piccolo grande miracolo: esporre in modo nitido l’interiorità misteriosa di un uomo e di un movimento che hanno tragicamente segnato la storia del Ventesimo secolo.

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