Per 50 crediti ECM e con 4 moduli didattici suddivisi in unità tematiche, il corso prende avvio il 24 maggio
Roma, 16 maggio 2022 – Conoscere la complessità clinica del paziente affetto da SLA per affrontare le sfide professionali poste dalla presa in carico psicologica individuale, familiare e nel lavoro in equipe multidisciplinare è obiettivo primario di corso. Questo è il tema del corso di formazione “La presa in carico psicologica della persona affetta da SLA: fondamenti teorici e buone prassi cliniche al momento della diagnosi e durante il percorso di malattia”.
AISLA ha sostenuto da sempre l’importanza dell’ascolto, dell’accompagnamento e del sostegno alle persone con cui entra in contatto attraverso “percorsi” strutturati in ogni ambito possibile di vita: al domicilio, in ospedale, in Associazione. Con questo obiettivo condiviso nel 2012 è nato un gruppo di lavoro tra psicologi all’interno di AISLA. Ad oggi, il gruppo conta oggi circa oltre 60 professionisti che strutturalmente s’incontrano due volte l’anno per confrontarsi, formarsi, discutere e riflettere sulle modalità di approccio alle diverse fasi di malattia e nei diversi contesti di cura.
Con partecipazione gratuita, previa iscrizione, sono 50 i crediti ECM. La metodologia si basa su un approccio interattivo mirato ad aumentare le conoscenze e le competenze permettendo di implementare il senso di efficacia durante i percorsi terapeutici. Il corso si articolerà in lezioni frontali e intervisioni pratico-cliniche che permetteranno di acquisire conoscenze teoriche e metodologia secondo le basi epistemiche fornite durante i moduli. Si affronterà lo studio di fonti bibliografiche: per le lezioni teoriche sarà sollecitata una riflessione sulla base della bibliografia di riferimento e delle indicazioni fornite tramite il materiale presentato durante il corso.
A questo si aggiunge la supervisione clinica: ogni modulo comprende la supervisione clinica inerente allo specifico argomento presentato durante i moduli.
Il programma è composto da 4 moduli didattici suddivisi in unità tematiche di rilevanza specifica nell’ambito della SLA. In ciascun modulo saranno presentate schede di lavoro utili per la pratica professionale e al fine di monitorare l’esito degli apprendimenti.
Il GIP-SLA è coordinato dalla dottoressa Maria Lavezzi che ha raccolto il testimone della Dr.ssa Gabriella Rossi (2018-2020) e della fondatrice la dr.ssa Paola Cerutti che nel 2012 ha costituito il gruppo di studio su impulso dell’allora Segretario Generale dr.ssa Gabriella Manera.
Oltre ad essere un gruppo di lavoro permanente e gratuitamente aperto a tutti i professionisti che desiderano specializzarsi in ambito SLA, uno dei risultati più interessanti è il “quaderno della buona prassi” che raccoglie le raccomandazioni sull’intervento psicologico al paziente Sla e ai suoi familiari.
Disturbi alimentari: ai tempi del Covid 19 una équipe di 64 psicologi, contattabili 24 ore su 24, aiuta i cittadini a riconoscere, combattere, guarire e superare i disturbi dell’alimentazione
Roma, 24 aprile 2020 – Si stima che siano circa 3 milioni gli italiani affetti da disturbi alimentari, di cui la maggior parte soffre di anoressia o obesitàgrave. L’incidenza maggiore dei disturbi dell’alimentazione riguarda le donne, ma ne soffrono anche gli uomini, e nel 10-20% dei casi il disturbo si cronicizza con conseguenze, in alcuni casi, mortali.
In questi casi l’aiuto dello psicologo e dello psicoterapeuta è fondamentale. Spesso però il percorso richiesto diventa multidisciplinare e coinvolge gli psichiatri, i pediatri, i dietisti e gli specialisti in medicina interna.
Il dottor Gianni Lanari,Psicoterapeuta responsabile del Pronto Soccorso Psicologico Roma Est, ipotizza che lo stress caratterizzante l’Emergenza Coronavirus, potrebbe amplificare i disturbi alimentari. In tale situazione, intervenire precocemente potrebbe aiutare e fare la differenza.
Nei disturbi alimentari il rapporto con il cibo è malsano, e i disturbi sono i più vari. In particolare l’anoressia, la bulimia, l’obesità e il binge eating disorder (o disturbo da alimentazione incontrollata ), sono i più comuni. In alcuni casi il cibo puó essere visto come unica fonte di soddisfazione o come fuga, in altri casi il rifiuto del cibo e l’eliminazione sono invece i fili conduttori.
Il cibo è l’oggetto su cui vengono sfogate paure, insicurezze, traumi o conflitti vissuti dalla persona, e non la causa del disturbo.
Anche il dottorAndrea Ferrazza, Psicologo del Pronto Soccorso Psicologico Roma Est, sostiene che durante l’emergenza legata al Covid-19, chi è affetto da questi disturbi stia vivendo in maniera più problematica l’intera situazione.
Purtroppo lo stare molto in casa, l’ansia e la paura, alimentano le sensazioni e le emozioni negative alla base del disturbo alimentare, aggravandone la situazione. Ad esempio, chi soffre di obesità o binge eating disorder, ha maggiore accesso al cibo durante questo periodo. Al contrario, chi soffre di anoressia o di bulimia, avendo un controllo maggiore da parte dei familiari, ha più difficoltà ad attuare strategie per eliminare il cibo ingerito e anche questo carica la persona di ansia e paura.
Per iniziare ad affrontare la situazione è stato creato il Pronto Soccorso Psicologico Roma Est, che opera in tutta Italia con appuntamenti telefonici, online e dal vivo.
Una realtà multilingue di 64 Psicologi, contattabile 24 ore su 24, 7 giorni su 7, con costi contenuti e che tende una mano a chi è in difficoltà.
Si può prendere un appuntamento col Pronto Soccorso Psicologico Roma Est facendo i numeri 06 2279 6355 – 346843498 o tramite il sito www.pronto-soccorso-psicologico-roma.it.
La salute psicologica è necessaria per affrontare tutti gli ambiti della vita: meglio prevenire e contrastare i danni psicologici da Covid-19 oggi, che rischiare di sviluppare patologie a lungo termine
Roma, 7 aprile 2020 – Ci sono alti rischi che l’ Emergenza Coronavirusdeterminerà conseguenze, anche psicologiche, a lungo termine nella popolazione. Le ultime settimane hanno visto un cambiamento non indifferente delle abitudini e stiamo vivendo giorni di apprensione e sofferenza.
A causa di questo periodo di difficoltà diverse istituzioni psicologiche e mediche internazionali già prevedono un aumento esponenziale dei disturbi psicologici nel prossimo futuro.
L’attuale situazione sta già provocando disagi psicologici nella maggior parte delle persone: angoscia, incertezza, smarrimento, senso di precarietà, confusione, senso di reclusione e di oppressione, costrizione psicologica, frustrazione, solitudine, ansia, attacchi di panico, fobie, paure, stress, disturbi del sonno, ipocondria, depressione e altri disturbi dell’umore, alterazioni delle abitudini di consumo, preoccupazioni per soldi/lavoro/salute/famiglia, burnout del personale sanitario, violenza domestica, tristezza, noia, stanchezza, pensieri fissi e intrusivi, nervosismo e rabbia, irascibilità e litigi per motivi futili, dolore per la perdita di un familiare, difficoltà nel relazionarsi con i figli e con i conviventi.
In questa situazione di emergenza diventa quindi molto importante prevenire, limitare e contrastare il disagio psicologico in aumento.
“Un corretto intervento psicologico nell’ambito di una emergenza evita l’insorgenza di una psicopatologia strutturata” afferma il Dottor Gianni Lanari, Psicoterapeuta responsabile del Pronto Soccorso Psicologico Roma Est.
Occorre agire subito quindi, per tutelare la salute psicologica, senza tentennamenti.
“In un momento caratterizzato da una emergenza sanitaria ed economica è importante inoltre ricordare che se abbiamo una componente psicologica che funziona bene, la malattia fisica pesa di meno, ci sono meno complicanze, una migliore qualità della vita e quindi meno costi” aggiunge il Dr. Gianni Lanari.
Investire in Psicologia oggi fa risparmiare l’individuo, ma anche la collettività.
Per questo sono nate felici realtà come il Pronto Soccorso Psicologico Roma Est, che ha deciso di intervenire precocemente offrendo la disponibilità dei suoi 49 collaboratori per un aiuto psicologico sia telefonico che online. Il servizio, in piú lingue, a costi agevolati, è contattabile 24 ore su 24, 7 giorni su 7.
Per avere un aiuto psicologico a prezzi agevolati si può contattare il Pronto Soccorso Psicologico Roma Est al Tel. 06 2279 6355 o tramite il sito internet www.pronto-soccorso-psicologico-roma.it.
47 gli Psicologi al lavoro per aiutare i familiari delle vittime a far accettare, affrontare e superare la morte di una persona cara
Roma, 30 marzo 2020 – Il 31 marzo 2020 è la “Giornata di lutto nazionale per le vittime del Coronavirus” e il Pronto Soccorso Psicologico Roma Est si sta prodigando in queste ore per aiutare i familiari delle vittime ad elaborare il lutto. Di solito il dolore derivante dalla perdita di una persona cara si affronta con le proprie risorse personali e con il sostegno delle persone vicine. Spesso però l’aiuto di uno specialista può diventare prezioso, per sapere come ricominciare a vivere nella maniera migliore.
Gianni Lanari, psicoterapeuta responsabile del Pronto Soccorso Psicologico Roma Est, suggerisce che “per ricominciare a vivere dopo un lutto è importante lavorare sul dolore, la tristezza, l’ansia, il tempo, la rabbia, la paura, l’assenza e il senso di colpa. La scomparsa della persona cara è uno dei traumi più dolorosi della nostra vita. Lo specialista in questi casi ci guida e supporta nell’elaborare il modo più adeguato a superare tale momento e quindi a vivere gradualmente con maggiore equilibrio e serenità”.
Il percorso è ad esempio volto ad arrivare alla fase di accettazione della perdita.
Diventa necessario abbandonare le destinazioni che sono state compromesse.
Contemporaneamente è importante sviluppare nuovi comportamenti, finalizzati a raggiungere gli scopi ancora perseguibili.
Forse non a caso lo scrittore Alessandro Baricco afferma “quando muore qualcuno, agli altri spetta di vivere anche per lui”.
Nell’intento di essere quanto più vicini ai familiari delle vittime del Coronavirus, il Pronto Soccorso Psicologico Roma Est (www.pronto-soccorso-psicologico-roma.it) ha deciso di offrire un servizio di sostegno psicologico telefonico (e/o via Skype), contattabile 24 ore su 24, 7 giorni su 7.
Tutti i 47 collaboratori del servizio saranno a disposizione nell’offrire un aiuto professionale di qualità a prezzi agevolati.
Chi avesse bisogno può contattare il Pronto Soccorso Psicologico Roma Est al numero 06 2279 6355 o scrivere tramite WhatsApp al numero 347 3157 728.
I 46 Psicologi del Pronto Soccorso Psicologico Roma Est per capire come trasformare il problema Coronavirus in una opportunità per farci diventare delle persone migliori. Un servizio via skype, a prezzi agevolati, contattabile 24 ore su 24, 7 giorni su 7
Roma, 26 marzo 2020 – Siamo di fronte ad una emergenza sanitaria mondiale. L’imperativo è fermare tutto, rimanere a casa, prendere ogni forma di precauzione personale al fine di limitare ogni forma di contagio. Il panorama prevede quindi un netto cambiamento di abitudini. Difficoltà lavorative, economiche e relazionali. L’emergenza diventa quindi anche psicologica.
Gianni Lanari, psicoterapeuta responsabile del Pronto Soccorso Psicologico Roma Est, afferma che, soprattutto in tale contesto, l’aiuto degli Psicologi diventa importante.
Ammirevoli diventano quindi le iniziative solidaristiche di sostegno psicologico gratuito. Accanto a queste è comunque consigliabile la presenza di iniziative di aiuto psicologico a pagamento rivolte a chi ricerca maggiore qualità della prestazione professionale psicologica.
“Il Pronto Soccorso Psicologico Roma Est ha deciso di seguire, anche se con tariffe agevolate, la seconda alternativa. Vogliamo infatti offrire un servizio efficiente e di qualità. Per raggiungere obiettivi preziosi bisogna investire seriamente a 360 gradi. Soprattutto quando vogliamo entrare nell’ottica di trasformare il problema Coronavirus in una opportunità per diventare delle persone migliori” dicono dal Pronto Soccorso Psicologico Roma Est.
In una situazione, a dir poco velata da ansia e preoccupazione per il futuro imminente, bisogna chiedersi “cosa è veramente utile che possa fare oggi“?
Una volta presa consapevolezza di attenersi scrupolosamente ai comportamenti che ci vengono suggeriti dalla comunità scientifica, è consigliabile intraprendere azioni per rispondere in modo positivo e non lasciarsi andare solamente ai nefasti pensieri della mente.
Prima di tutto è bene, ove possibile, rimanere occupati nel nostro lavoro. Adattarsi a farlo da casa, fare formazione per se stessi e se proprio non è conciliabile, approfittare del momento per impegnarsi sulle altre sfere della nostra vita, cercando in sintesi di non stravolgere la routine quotidiana.
Al riguardo anche Giuliano Inciocchi, coach umanista, afferma “l’obiettivo è quello di organizzare le nostre giornate, dando un profondo significato al nostro tempo, scoprendo le nostre potenzialità e mettendo in pratica azioni efficaci per la nostra felicità”.
“Proponiamo pertanto come Pronto Soccorso Psicologico Roma Est un servizio di consulenza psicologica telefonica ( e/o via Skype ), contattabile 24 ore su 24, 7 giorni su 7, mettendo a disposizione tutti I nostri 46 collaboratori a prezzi agevolati” concludono i responsabili del servizio.
Il fine diventa quindi quello di organizzare un piano di azione personale, volto a trasformare questo momento particolare in una grande occasione, per vivere proficuamente adesso e ricominciare nella maniera più funzionale il giorno in cui torneremo nelle nostre sedi di lavoro, nelle nostre strade, dai nostri affetti più cari.
Milano, 24 settembre 2019 – Quando intraprendiamo una relazione amorosa stabile e duratura, facciamo affidamento sul fatto che il partner che abbiamo accanto si impegni totalmente con noi e sia privo di interesse verso altre persone. Desideriamo tutti fortemente credere che il nostro compagno sarà fedele all’impegno preso, vivendo con romanticismo le nostre aspettative sul futuro.
Ma sarà veramente così? E soprattutto è possibile se il nostro compagno o la nostra compagna ci tradiranno? Decisamente un quesito a cui tutti piacerebbe trovare una risposta.
Il recente articolo pubblicato sull’autorevole ‘Journal of Social and Personal Relationships’, rivista accademica tematicamente impegnata in ricerche sulle relazioni sociali e personali, parte proprio da questo interrogativo, attorno al quale ruota lo studio effettuato dalla DottoressaValerie Guilbault, psicologa dell’Università del Quebec, insieme ad alcuni suoi colleghi.
“Per avere un’idea più completa dei presupposti dai quali lo studio è partito è bene ricordare che le ricerche ad oggi esistenti hanno già individuato 4 indicatori e fattori sensibili, grazie ai quali è tendenzialmente possibile desumere la probabilità che il nostro partner sia infedele” dicono gli esperti del portale PsicologiOnline.net.
I 4 INDICATORI DELLA FEDELTÀ DI COPPIA
Il primo indicatore è senza dubbio il genere: numerose indagini psicologiche sono infatti giunte alla conclusione che gli uomini, rispetto alle donne, possiedono molte più probabilità di cadere in tentazione, quando percepiscono la possibilità di intraprendere un’esperienza sessuale clandestina.
Lo studio pubblicato sul Journal of Social and Personal Relationships, tuttavia, ridimensiona questo gap tra maschi e femmine: pare infatti che, al giorno d’oggi, il divario si sia assottigliato, fino a livellarsi su percentuali di tradimento più omogenee, sia per tipologia che per frequenza.
Il secondo fattore, attraverso il quale è possibile predire un ipotetico tradimento, è il rifuggire l’attaccamento. Ci sono individui che da bambini impostano un rapporto di tipo evitante con i propri genitori, questa situazione in età adulta si traduce nell’incapacità di condividere emozioni e anche più semplicemente di provarle consapevolmente, con effetti distruttivi sulla propria sfera affettiva. In concreto, chi ha un attaccamento evitante tende a tirarsi indietro alle prime difficoltà di coppia, ricorrendo spesse volte a relazioni illegittime per risolvere la sensazione di solitudine che li pervade o, ancora peggio, per un istintivo desiderio di vendetta. Al contrario, chi è riuscito a impostare un rapporto sereno con le proprie figure di riferimento durante l’infanzia, ha maggiori capacità di gestire la relazione e i naturali conflitti interni che fisiologicamente emergono.
Il terzo fattore da tenere d’occhio è l’opinione che il nostro partner ha in merito al sesso occasionale. Ci sono infatti individui che concepiscono l’atto sessuale come la massima espressione dell’amore di coppia e che nella loro vita non hanno avuto numerose relazioni, proprio in virtù del loro impegno nel costruire rapporti duraturi. Altre persone invece sdrammatizzano il sesso, investendolo di aspettative più superficiali o ludiche, tanto da contare nel loro passato numerose relazioni. Questa tipologia di partner è certamente più incline all’infedeltà, nonostante in molti, dopo un passato affrontato con libertà, con la maturità si stabilizzano in una relazione regolarmente monogama e fedele.
Per finire, il quarto ed essenziale fattore indicativo è il desiderio sessuale. I partner che vivono la sessualità come un’esigenza dirompente, saranno maggiormente incentivati a guardarsi attorno in cerca di tentazioni, in particolar modo se all’interno della relazione ormai avviata, questo desiderio viene disatteso ripetutamente.
Nello specifico lo studio pubblicato sul Journal of Social and Personal Relationships della Dottoressa Valerie Guilbault, parte dai presupposti appena analizzati e li riassume in un macro-fattore indicativo del tradimento, identificato con il termine “Passione Sessuale“.
Il forte desiderio sessuale, secondo questo gruppo di ricerca, insieme ad una visione libera e apertadella sfera fisica fanno verosimilmente prevedere se un partner sarà fedele o meno. Le persone che rientrano in questa categoria vivono il sesso come qualcosa di costantemente presente nella propria quotidianità, pertanto risultano impegnati sia mentalmente che fisicamente in questo frangente, quanto più possibile.
Tra le persone con forte passione sessuale, secondo i ricercatori, ci sono due tipi: individui con passione sessuale armoniosa e individui con passione sessuale ossessiva.
Questa distinzione si basa su un’influente teoria della personalità proposta da Julian Rotter negli anni ’50, nota come “locus of control”, la quale ritiene che coloro che possiedono un controllo interno si sentano maggiormente sicuri e padroni della propria vita, con conseguente autostima elevata e poche possibilità di incorrere in atteggiamenti depressivi. Per contro, coloro che possiedono un locus of control esterno, sostengono che siano forze esterne ad influire sulla propria vita, identificandole ad esempio nel destino o nella sfortuna; essi rivelano mancanza di autostima e scarso autocontrollo.
In che modo queste due tipologie di individui gestiscono dunque la tentazione all’infedeltà?
Secondo la ricerca della psicologa Valerie Guilbault coloro che risultano inarmonia con le proprie pulsioni sentono di avere la loro sessualità sotto controllo e riescono a gestire in modo coerente e rispettoso la loro vita. Chi invece è totalmente spinto da impulsi scoordinati e pensieri ossessivi, con più facilità, cederà a situazioni in grado di danneggiare irrimediabilmente la relazione nella quale hanno investito.
Per avvallare questa teoria, sono stati riportati dati molto interessanti derivanti da due studi in particolare. Il primo ha avuto come target 600 adulti, i quali sono stati sottoposti a uno specifico questionario volto a inquadrarli nelle due categorie sopra descritte: individui passionali armoniosi e individui passionali ossessivi.
L’indagine ha dimostrato come, in presenza di una passione sessuale ossessiva, la tendenza all’infedeltà sia assolutamente maggiore.
Il secondo studio si è svolto su 84 persone adulte, lungo un periodo di dieci mesi, per valutare se questo fattore identificativo possedeva davvero un potenziale predittivo. Anche in questo caso, le persone inquadrate come passionali ossessive hanno registrato maggiori casi di infedeltà, rispetto agli individui inquadrati come aventi una armoniosa passione sessuale.
Lo studio pubblicato sul Journal of Social and Personal Relationships è andato oltre, cercando di indagare le motivazioni che avevano spinto il target analizzato all’infedeltà. La ragione diffusa trasversalmente, tra i traditori dei due gruppi, è stata individuata semplicemente nell’attrazione fisica per l’amante.
Tuttavia, gli individui con ossessiva passione sessuale riportavano altre motivazioni molto significative ai fini dello studio in atto, tra le quali il piacere e il bisogno di vendicarsi del proprio compagno e il trovare nel tradimento uno spiraglio utile ad aumentare la stima in sé stessi. Una motivazione caratterizzante di questo target, infine, è l’esigenza prettamente maschile di sentirsi conformi all’ideale sociale del play boy, come modello positivo del vero uomo.
Le persone con un’armoniosa passione sessuale raramente davano simili ragioni alla loro infedeltà.
In conclusione, siamo arrivati alla risposta tanto attesa: prevedere un comportamento infedele da parte del partner è possibile.
“In base agli studi attuali è infatti possibile affermare che ipartner con una buona autostima e un forte autocontrollo risultano sicuramente più affidabili.La loro armoniosa passione sessuale li rende ottimi amanti, passionali e rassicuranti compagni di vita, con una ridotta propensione ad evadere verso scappatelle nell’ambito di un rapporto stabile.
Essi fondamentalmente hanno profonda fiducia nelle proprie abilità di controllare gli eventi e le circostanze della loro vita, attribuendo i propri successi o insuccessi a cause direttamente collegate all’esercizio delle proprie capacità e alla volontà personale” spiegano gli esperti di PsicologiOnline.net.
“Al contrario, i partner caratterizzati dall’arrendevolezza verso fattori esterni, che giustificano la propria situazione chiamando in causa il destino o la sfortuna, hanno molte più probabilità di tradire, ancor più se caratterizzati da una prorompente passione sessuale. Essi credono che ciò che accade nella loro vita giunga dall’esterno in qualità di premio o, più spesso, punizione e che non sia il frutto derivato dalle proprie capacità personali, bensì qualcosa di imprevedibile.
Coloro che si auto compiangono, non assumendosi le responsabilità di ciò che accade nella loro vita, devono tendenzialmente essere considerati partner maggiormente a rischio all’interno di una relazione apparentemente stabile” concludono gli esperti del portale.
Milano, 30 agosto 2019 – L’ottimismo allunga la vita. La conferma arriva da una ricerca scientifica condotta alla Boston University School of Medicine. Si tratta di uno studio di lunga durata, di circa 30 anni, avviato precisamente nel 1986 e conclusosi nel 2016, anno fino al quale si sono registrati i decessi.
Il campione su cui sono stati effettuate le ricerche è molto vasto e conta circa 70.000 mila donne, la maggior parte delle quali infermiere con un età compresa tra 58 e 86 anni, quindi con un età media di 70 anni seguite per 10 anni.
Il campione degli uomini contava invece 1400 soggetti di età compresa tra 41 e 90 anni, con un’età media 62 anni, seguiti in questo caso appunto per 30 anni.
Lo stesso campione è stato poi suddiviso in 4 gruppi, in base al grado di ottimismo dimostrato e seguito nelle sue abitudini e atteggiamenti più o meno positivi nei confronti della vita.
La dottoressa Lewina Lee, psicologa clinica del National Center degli Stati Uniti, è stata a capo del progetto di studio e i risultati ottenuti sono stati sorprendenti.
I risultati dello studio sull’ottimismo che allunga la vita
Il concetto dell’ottimismo che allunga la vita non è nuovo come oggetto di studio scientifico, ma in questo caso la validità della ricerca è da riscontrarsi non solo nel campione di studio estremamente vasto, ma anche nella lunga durata. I risultati sono stati pubblicati pochi giorni fa sulla rivista scientifica Proceedings of National Academy of Sciences.
Gli studiosi hanno constatato che coloro i quali hanno dimostrato maggiore ottimismo nell’affrontare la vita di tutti i giorni sono vissuti dall’11% al 15% in più rispetto a chi invece ha avuto tendenze alla depressione, all’abbattimento o comunque a un atteggiamento pessimista.
La conclusione a cui sono arrivati gli scienziati è chiara e suggerisce che essere ottimisti favorisce un’aspettativa di vita che può arrivare ad 85 anni e oltre. Una longevità che dagli studiosi è definita “eccezionale”, soprattutto nel caso in cui non ci sono malattie, si è autosufficienti e si ha una vita ancora attiva e ricca di stimoli.
Perché l’ottimismo allunga la vita
“L’ottimismo è una disposizione mentale a vivere le situazioni in modo positivo e una caratteristica psicologica che ci spinge a guardare il lato favorevole degli eventi”, spiegano gli esperti del portale PsicologiOnline (www.psicologionline.net).
Possono esserci svariate ragioni per cui l’ottimismo genera longevità.
Essere ottimisti è una delle caratteristiche psicologiche più positive che si possano acquisire nel corso della vita, in quanto difende dagli accumuli di stress.
È noto ormai da tempo quanto l’affaticamento mentale e fisico possa incidere negativamente sulla salute, sia dei più giovani che degli anziani.
L’ottimismo, in altre parole, tiene lontani o comunque difende in parte dalle malattie del secolo, quali infarti, ictus, colesterolo alto e dislipidemie in generale, nonché dall’aumento del cortisolo. Quest’ultimo è un ormone, soprannominato per l’appunto “ormone dello stress”, che incide negativamente su buona parte delle funzioni dell’organismo, provocando ipertensione, astenia, insonnia, obesità, fino a un abbassamento delle difese immunitarie.
Tutto questo può essere evitato con una propensione all’ottimismo, cioè alla capacità di non concentrarsi sugli aspetti negativi.
Le persone ottimiste hanno inoltre meno probabilità di arrendersi e si riprendono più rapidamente da problemi e battute d’arresto.
L’ottimismo e altri fattori che allungano la vita
Lo studio condotto alla Boston University School of Medicine con a capo la dottoressa Lee ha dimostrato che l’ottimismo può allungare la vita, senza però trascurare aspetti diversi altrettanto importanti che portano al traguardo della longevità.
La tranquillità economica, essere circondati da amici e famigliari, coltivare i rapporti sociali e le proprie passioni, attenersi a un’alimentazione sana ed equilibrata e anche il grado d’istruzione concorrono alla possibilità di vivere più a lungo.
L’ottimismo è certamente un propulsore potente a livello psicosociale nel portare avanti la vita in modo soddisfacente, senza mai abbandonarsi a se stessi.
Una buona qualità della vita è importante nel mantenere la propensione all’ottimismo.
E la terza o la quarta età possono essere vissute al meglio soprattutto se ci si arriva in buono stato di salute, o comunque senza disabilità.
La dottoressa Lee si dice convinta che questo studio possa dare una spinta a vivere meglio, preparando il periodo della pensione valorizzando i principi più sani, tra cui c’è sicuramente l’ottimismo.
Chi non lo possiede ha comunque la possibilità di acquisirlo o aumentarlo, coltivando un atteggiamento più positivo.
Molti sono infatti gli studi scientifici che dimostrano, come affermano anche gli studiosi che hanno condotto la ricerca in oggetto, che la positività si può aumentare, con tutti i benefici che ne conseguono.