Gli italiani cambiano idea: ora è il lavoro flessibile il nuovo sogno

Milano, 3 maggio 2019 – Salari alti, ferie pagate, un ufficio tutto per sé: erano queste, fino a qualche tempo fa, le principali richieste di chi era alla ricerca di un nuovo lavoro. Negli ultimi anni però il mondo della ricerca e della selezione del personale è mutato molto, da entrambe le parti. Oggi infatti, in base all’ultimo studio condotto dalla Global Workspace Survey di IWG tra le principali esigenze dei lavoratori italiani, vi è la flessibilità, un valore che fino a qualche anno fa riceveva ben poche preferenze.

Ma cosa si intende con lavoro flessibile?

«Con l’espressione ‘lavoro flessibile’ si indica la modalità di lavoro che permette ai dipendenti di adattare parzialmente la giornata lavorativa ai propri impegni personali» ci spiega Carola Adami, CEO di Adami & Associati, società di head hunting leader nella ricerca e nella selezione di personale qualificato. «Godere di una certa flessibilità significa dunque poter lavorare all’infuori dei tipici orari di lavoro e lontano dalla sede aziendale, attività che ovviamente vengono incentivate dalle nuove tecnologie».

Di certo la flessibilità è un aspetto che può migliorare concretamente la quotidianità dei lavoratori. Quali sono, invece, i vantaggi per le aziende?

«Di certo un dipendente che può decidere come organizzare la propria giornata lavorativa è, in linea di massima, un dipendente più felice, e quindi più motivato e più produttivo» spiega Carola Adami, sottolineando che «ci sono molte indagini che dimostrano come introdurre maggiore flessibilità a livello aziendale porti a un aumento della produzione e dunque dei profitti».

Rispetto ad altri Paesi, va detto, l’Italia continua a essere piuttosto perplessa nei confronti del lavoro flessibile. Da parte loro, i dipendenti italiani non hanno dubbi: l’86% degli intervistati, per lo studio condotto dalla Global Workspace Survey di IWG, infatti, afferma che privilegerebbe certamente un’offerta di lavoro che contempli la flessibilità di fronte a un’altra similare ma senza quest’ultima caratteristica. A frenare sarebbero le imprese: stando al 73% degli intervistati, l’implementazione di politiche volte alla flessibilità viene rallentata proprio dalla mentalità tradizionalista dei vertici aziendali.

Nonostante i risultati favorevoli delle indagini svolte all’interno di aziende che hanno scelto di implementare modalità flessibili dunque, molte realtà temono ancora che una maggiore flessibilità potrebbe intaccare la produzione, e ancora di più la cultura aziendale.

Il fenomeno, però, è ormai diffuso, e anche le ultime sacche di resistenza sono destinate a cedere: per il 70% dei rispondenti il lavoro flessibile rappresenta la normalità, laddove più del 50% degli intervistati spiega di lavorare lontano dalla sede aziendale per almeno metà delle ore settimanali. E ancora: nonostante le lamentele dei lavoratori alla ricerca di flessibilità maggiore, va sottolineato che l‘86% dichiara comunque di lavorare in aziende che hanno già adottato politiche di flessibilità o che sono in procinto di farlo.

Il futuro, dunque, sembra tracciato. Le aziende che intendono attirare i migliori talenti dovrebbero mettere in conto, accanto all’offerta di posizioni di prestigio e alla possibilità di avanzamento di carriera, anche la predisposizione di una sempre maggiore flessibilità: sarebbe difficile, infatti, resistere a delle simili offerte di lavoro.