“I Mille di Sgarbi”, a Cervia lo stato dell’arte contemporanea italiana

Mentre a Cortina d’Ampezzo è ancora in corso la II edizione de “I Mille di Sgarbi”, la III edizione ritorna a Cervia, dal 4 al 12 luglio…

Cervia, 30 giugno 2020 – Dal 4 al 12 luglio, ai Magazzini del Sale di Cervia va in scena la III edizione della mostra “I Mille di Sgarbi Lo Stato dell’Arte Contemporanea in Italia“, con una selezione di pittori, scultori e fotografi italiani ed internazionali scelti da Vittorio Sgarbi.

Mentre a Cortina, al Museo Mario Rimoldi delle Regole di Ampezzo, è ancora in corso la II edizione de I Mille di Sgarbi, la III edizione torna a Cervia per il secondo anno consecutivo, dove aveva debuttato nel 2019 grazie all’idea dei collaboratori di Vittorio Sgarbi, Sauro Moretti, suo manager e Nino Ippolito, suo capo ufficio stampa.

Un gemellaggio importante, tra due città simbolo delle mete turistiche italiane di maggior interesse internazionale: la regina delle Dolomiti e la perla della riviera romagnola, unite dall’arte per ripartire in nome di un turismo di qualità, più lento e all’insegna della cultura, sempre più al centro dell’attenzione come simbolo di un nuovo inizio.

Infatti, la collettiva contemporanea dei Mille a Cervia rappresenta una delle prime mostre ad inaugurare subito dopo i mesi di chiusura forzata, che anzi, proprio nel periodo più buio e incerto è stata progettata e voluta dai collaboratori di Sgarbi, che non hanno mai smesso di credere nell’opportunità dell’arte come simbolo della ripartenza dell’Italia.

“Se qualcosa questo virus ci ha insegnato è che l’arte ha sempre più necessità di essere vista dal vivo e che il web non può garantire le stesse emozioni di un’opera d’arte vissuta dal vivo. L’arte ha sempre la necessità di manifestarsi in spazi fisici, pubblici e privati, come luogo di incontro dove mostrare nuove idee aperte alla discussione”, scrive Vittorio Sgarbi.

Molte delle opere in mostra sono nate proprio nei mesi della chiusura, dove i pittori, gli scultori e grafici, già abituati a lavorare nel silenzio di uno studio che lascia il mondo fuori, hanno espresso le paure, le ansie, le incertezze e la rabbia di questo momento sulla materia.

E i fotografi, costretti dal distanziamento sociale a scattare muovendosi come dei ladri per le vie delle loro città, hanno ripreso scorci dove l’uomo è solo un fantasma di passaggio. Ma non solo: molte delle foto in mostra sono state scattate pochi anni o mesi prima dell’avvento del Covid-19 e relative restrizioni.

Fotografie che prima ci avrebbero raccontato poco di eccezionale ma, nel tempo breve eppur interminabile del confinamento domestico, quelle immagini ci sembrano appartenere a un passato lontanissimo, di cui non vediamo ancora il ritorno: è la normalità, quella dei bambini che giocano liberi per strada, di un mercato affollato, di persone che semplicemente vivono la vita come l’abbiamo sempre concepita e che oggi subiamo con cautela e impaccio.

E ci sono naturalmente le opere che non risentono del momento e che mantengono temi e soggetti cari all’artista che preferisce estraniarsi ed innalzarsi con visione ascetica dal tormento della cronaca.

Proprio quest’ultima e il suo impatto sull’immaginario collettivo, è la spinta alla creazione di opere che si fondano sul percepito comune del Paese, tra verità e bufale, per arrivare a farsi manifesti veri e propri dell’incertezza e sfiducia ancora in corso. Non solo riguardo al virus ma anche alle problematiche ambientali ed economiche di un sistema che non regge più, in mezzo alle strabilianti notizie quotidiane.

La mostra sarà aperta al pubblico dal 4 al 12 luglio, ogni giorno, con ingresso libero, dalle ore 19,00 alle ore 00,00.

 

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Ufficio stampa I mille di Sgarbi

Simona Cochi

Ordine Nazionale dei Giornalisti Lombardia Milano
Mobile: +39 3887787759

 

 

 

“SPOLETO INCONTRA VENEZIA”: IL PITTORE MAURIZIO SCARPELLINI ACCOLTO CON SIGNIFICATIVI APPREZZAMENTI

La grande mostra di “Spoleto incontra Venezia” a cura di Vittorio Sgarbi racchiude una serie di importanti esponenti del panorama attuale all’interno di una variegata esposizione in collettiva diretta dal manager produttore Salvo Nugnes, che si svolge dal 28 Settembre al 24 Ottobre 2014 nell’incantevole scenario di Venezia presso due edifici antichissimi, il Palazzo Falier e il Palazzo Rota-Ivancich. I personaggi coinvolti hanno fama internazionale: Dario Fo, Eugenio Carmi, Pier Paolo Pasolini, José Dalì. Nel selezionato parterre di presenze si annovera il pittore Maurizio Scarpellini con un’interessante serie di dipinti ispirati dal surrealismo figurativo, proposti in formula di originale rivisitazione personalizzata, che hanno ricevuto particolari apprezzamenti elogiativi.

Sull’artista è stato commentato “Le opere di Scarpellini sono rielaborazioni in chiave surreale e fantastica di tematiche d’impronta mistica e simbolista, attraverso elementi e soggetti collocati in prospettiva tridimensionale e inseriti all’interno di ambientazioni immaginarie, appartenenti a una dimensione irreale. In questa coinvolgente trasformazione dell’oggetto in trasfigurazione simbolica, il significato resta da decifrare da parte dell’osservatore, che diventa così complice dell’elaborazione stessa del messaggio da divulgare. Rifugge i canoni estetici tradizionali per enfatizzare il potere allusivo della creazione artistica, disseminando indizi di un altro mondo, tutto da scoprire e reinterpretare”.

Scarpellini racconta “Il mio laboratorio è una villa sul mare da me ristrutturata, per accogliere appassionati d’arte. Mi reco lì quotidianamente per trovare la giusta ispirazione e progettare sempre idee innovative. È un posto unico, speciale, dove mi sento particolarmente ispirato soprattutto durante la stagione invernale”. Egli predilige l’uso dell’acrilico per riprodurre forme e soggetti in dimensione tridimensionale, che si alternano a sfondi di paesaggi. La sua produzione è arricchita anche da sculture ricavate da legna e tronchi recuperati in riva al mare.

Giochi di fragilità nei lavori di Daniela Forti alla mostra Spoleto incontra Venezia curata da Sgarbi

La grande mostra di “Spoleto incontra Venezia” ha aperto i battenti con forte successo di pubblico e di critica sotto l’esperta curatela di Vittorio Sgarbi e la gestione organizzativa del manager produttore Salvo Nugnes. E’ allestita dal 27 Settembre al 24 Ottobre 2014 nel contesto veneziano di due pregevoli strutture secolari, il Palazzo Falier e il Palazzo Rota-Ivancich e raduna un ricco entourage di esponenti illustri del panorama attuale del calibro di Dario Fo, Eugenio Carmi, Pier Paolo Pasolini, José Dalì. Al suo interno è possibile ammirare le preziose creazioni in vetro realizzate con esclusiva lavorazione artigianale della rinomata artista Daniela Forti.
Attraverso la fusione del vetro e del cristallo la Forti approda ad una sua personale interpretazione e rivisitazione, avvalendosi di una metodologia innovativa, che rende i suoi lavori unici ed inconfondibili, coniugando insieme fantasia ideativa, forme e colori in una composizione armoniosa ad intreccio dalla dinamica plasticità strutturale. Le sculture vengono modulate e forgiate tramite la luce, che trasmette intensa energia vitale alle rappresentazioni, anche in virtù del gioco della luminosità trasparente sapientemente utilizzato dall’artista per dare ulteriore movimento e fluidità all’insieme.
Sulle componenti peculiari della sua ricerca stilistica è stato commentato “Le sue creazioni in vetro possiedono una valenza decorativa e artistica assai pregevole e sono il risultato di una raffinata e sapiente espressione di artigianato manifatturiero rimasto incontaminato e puro nei secoli. Sono opere di eccellente esecuzione, che obbediscono ai migliori canoni della tradizione, eseguite su disegni progettuali esclusivi, curate nel minimo dettaglio di resa e realizzate con scrupolosa lavorazione in ogni fase elaborativa. Per la Forti il vetro è come un simbolico oggetto del desiderio, che contiene in sé un mondo costruito sulla luce e i suoi molteplici riflessi, un materiale che si presta ad essere plasmato, forgiato, piegato, curvato, modellato dalla sua fantasia di sognatrice”.

Vetri d’autore: Spoleto incontra Venezia espone le luccicanti creazioni di Adriano Dalla Valentina

Non poteva mancare alla grande mostra di “Spoleto incontra Venezia” curata da Vittorio Sgarbi con la direzione del manager produttore Salvo Nugnes, un tributo in omaggio speciale all’antichissima tradizione della lavorazione artigianale del vetro di Murano, rappresentata nell’occasione dal rinomato maestro Adriano Dalla Valentina, che ha esposto suggestive creazioni di originale manifattura. L’evento si svolge dal 28 Settembre al 24 Ottobre 2014 a Venezia all’interno di due possenti strutture nobiliari, il Palazzo Falier e il Palazzo Rota-Ivancich, con opere di personalità illustri del calibro di Dario Fo, Renato Guttuso, Eugenio Carmi, José Dalì.

Adriano Dalla Valentina ha strutturato la propria azienda a gestione famigliare, supportato anche dal talentuoso figlio Stefano, attraverso la comunione quotidiana tra progettualità ed esecuzione. La dimensione simbolica della bottega artistica, fatta di scambio e interazione, funge da cornice ideale a una produzione arcaica, lenta e graduale in cui è fondamentale l’apporto manuale dell’artista, che traduce con sapienza l’immagine nella sua forma totemica. Adriano in tal modo veste simbolicamente i panni del perfetto mastro alchimista, capace di trasformare la materia e domare nella sua fornace la forza generatrice del fuoco, dando vita a opere fluide, dinamiche, flessuose, lisce, trasparenti, dalla magistrale impeccabilità nell’insieme compositivo.

Su di lui è stato scritto “Adriano si rende portavoce convinto di un significativo messaggio: l’opera che nasce dalle mani dell’uomo non è perfetta come quella uscita dalla macchina, ma trae il suo fascino identificativo e connotativo proprio da quella imperfezione ad essa insita e connaturata, dal calore, dall’amore e dalla dedizione con la quale è stata generata. Per lui questa è la differenza sostanziale e netta tra creazione e produzione industriale e seriale”.

“Spoleto incontra Venezia”: grande interesse per le proposte pittoriche di Daniela Grifoni

La grande mostra di “Spoleto incontra Venezia” sta riscuotendo forte clamore e risonanza mediatica internazionale, sotto l’autorevole curatela del professor Vittorio Sgarbi e la direzione del noto manager produttore Salvo Nugnes. L’esposizione si svolge dal 28 Settembre al 24 Ottobre 2014 nella meravigliosa Venezia, racchiusa tra le secolari mura aristocratiche di Palazzo Falier e Palazzo Rota-Ivancich con una carrellata di personaggi importanti, tra cui Dario Fo, Eugenio Carmi, Pier Paolo Pasolini, José Dalì. La rinomata pittrice Daniela Grifoni è stata selezionata nell’esclusivo gruppo di partecipanti alla pregevole iniziativa e sta ottenendo positivi riscontri d’interesse.

Descrivendone l’innato estro creativo è stato scritto “Nelle opere della Grifoni trapela il senso di un paesaggio interiore, che disordinando e scardinando ogni prospettiva tradizionale si sostituisce alla verità, come risultato di un lento, graduale e progressivo stratificarsi e sedimentarsi di segni e tonalità, nel corso di una virtuale ‘Navigazione controcorrente’ alla ricerca di una diversa realtà del vivere, in totalizzante armonia con l’atto creativo pittorico. Per lei riconoscersi artista è sentirsi differente dalla folla senza volto, solitaria e afona, così pure da quella onnipotente. Le sue forme magmatiche non sopprimono il caos, ma anzi lo espongono dinanzi a una spietata presa di coscienza sociale e collettiva”.

Osservando i dipinti si ha l’impressione, che ogni cosa, ogni elemento possa trovare una collocazione diversa da quella attuale in uno scenario vivo, aperto e in continuo divenire, che la Grifoni ha appositamente organizzato, affinché l’occhio attento del fruitore lo completi, chiudendo un “cerchio magico intercomunicante” di appagamento estetico e contemplazione meditativa. Le creazioni sono concepite come “brandelli di vita” non certo come banali oggetti di pura decorazione ed esibizione, in cui la vita recuperando una calzante metafora “E’ un gomitolo, che qualcuno ha aggrovigliato” e il sapere è perennemente sterile se si richiude in se stesso e diventa conoscenza inerme, mentre l’azione reattiva e dinamica diffonde i semi prolifici della speranza positiva.

Spoleto incontra Venezia: intervista con la “figlia d’arte” Laura Scaringi

Le opere dell’artista Laura Scaringi sono in esposizione, fino al 24 Ottobre 2014, all’interno della grande mostra “Spoleto incontra Venezia” curata da Vittorio Sgarbi e diretta dal manager Salvo Nugnes, presso Palazzo Falier, storico edificio che si affaccia sul Canal Grande. Di seguito l’intervista alla Scaringi.

D: È la prima volta, che espone a Venezia?

R: Non è la prima volta, ho già esposto a Venezia nella mostra d’arte contemporanea “La Fine del Mondo tra Apocalisse e Apocatastasi”, tenutasi nel febbraio 2012 nell’ambito del Carnevale di Venezia,  presso la sede della Reale Società Bucintoro ai Magazzini del Sale.

D: Come nasce l’occasione di partecipare a questo importante evento espositivo?

R: L’occasione nasce in seguito alla partecipazione avvenuta nella rassegna “Spoleto Arte”. Si è creata così l’opportunità e la conferma di un percorso, grazie al Prof. Sgarbi, con la mia presenza anche in questa illustre manifestazione veneziana.

D: Quali opere espone e quale orientamento tematico seguono?

R: Le opere che propongo sono parte di un percorso di analisi compositiva, risultato di una profonda e personale dimensione emotiva. Una ricerca che coordina respiro spaziale, forme, texture, segni e scritture, nel concetto di sintesi del linguaggio. La tecnica utilizzata è il collage, nello specifico il papier collé. La carta precedentemente trattata e costruita in una sua prima forma, viene ricomposta in una seconda realtà formale.

D: Quando e come è avvenuto il suo approccio al mondo dell’arte?

R: Sono nata in una famiglia di artisti, tra cui mio padre Franco Scaringi, a tutt’oggi nel pieno della sua attività artistica. Circondata da tele, colori, libri, materiali e pensieri necessari a creare, è stato inevitabile che maturasse in me l’attitudine e l’amore per l’arte. Compiuti gli studi accademici, vivo questa passione, sia nel mio lavoro di docente di prima fascia presso l’Accademia di Belle Arti di Foggia, sia nell’attività e nella produzione individuale di artista.

D: È compiaciuta di esporre accanto a illustri nomi del calibro di Dario Fo, Eugenio Carmi, José Dalì e altri nomi di spicco del panorama contemporaneo?

R: Ne sono onorata, questo incontro è fonte di arricchimento, ma anche di scambio e dialogo tra i vari linguaggi sia artistici, che generazionali.

D: Un commento di riflessione in parallelo tra Spoleto e Venezia, come poli di eccellente portata, nella divulgazione dell’arte e della cultura, con fama internazionale?

R: Eccellente congiunzione in cui si compie la perfezione, due “luoghi” forti e accoglienti, carichi di storia, tradizione e bellezza, entrambi fulcro di prestigiose manifestazioni artistiche e culturali.

D: Se dovesse dare una breve definizione sul concetto di arte in generale?

R: L’arte è la spinta alla creazione, è comunicazione, è il linguaggio dell’immaginazione che crea ed emoziona. Pur differenziandosi nei secoli, nelle sue funzioni, nei canoni estetici e nei contesti, come afferma Gillo Dorfles, l’arte viene sempre dall’animo dell’uomo ed è l’emanazione della sua psiche.

D: Ci sono degli artisti e/o delle correnti, che apprezza in modo particolare?

R: Amo tutta l’arte e  ammiro la bellezza del suo comunicare, in ogni linguaggio, idea e rappresentazione. Il mio sguardo è orientato all’arte contemporanea, ne apprezzo le avanguardie e le neoavanguardie, in modo specifico, dall’informale segnico alla poesia visiva, in ogni configurazione e sperimentazione.

I morbidi acquarelli di Flavia Rebori in mostra “Spoleto incontra Venezia”: intervista con l’artista

E’ stata intervistata la pittrice Flavia Rebori, in occasione della sua partecipazione alle mostre “Spoleto incontra Venezia” curate dal Prof. Vittorio Sgarbi e dirette dal manager Salvo Nugnes. I suoi meravigliosi acquerelli sono in esposizione fino al 24 Ottobre 2014, presso lo storico Palazzo Falier, monumentale edificio a pochi passi da Ponte dell’Accademia.

D: Per lei, l’arte, è stata una valvola di sfogo nella sua vita?

R: Assolutamente. Lo è sempre stata. Senza lo spazio fisico e mentale per creare, credo che arriverei a un punto di tensione, il quale si allevia mettendo, nel mio caso, su carta le macchie acquose che generano forme e trasparenze, in un modo che sempre sento più certo, indirizzandomi forse ad una consapevolezza sul sentirmi utile umanamente, svolgendo un compito di ricerca della bellezza e la perfezione, in modo che gli altri possano , se riuscito questo mio compito, vederla riflessa nei miei acquerelli.

D: A quale corrente artistica si ispira?

R: Mi ispiro alla pittura di Edward Hopper, di Edvard Munch, di Giorgio Morandi. Vedo nelle loro opere l’idea del silenzio e la solitudine, nelle quali mi vedo riflessa.

D: Qual è l’emozione più forte che le ha dato creare una sua opera?

R: L ‘emozione più forte è quella che sorge quando vedo una forza più in là di me stessa che sta dietro alla realizzazione degli acquerelli che faccio. Una forza che non controllo soltanto io, una forza che mi spinge sempre a cercare vie di perfezione, dove perfezione è sciogliere i legami della ragione e dell’emozione e scoprire che metto solo alcuni ingredienti nel creare, ma poi intervengono altre forze che sento al di sopra di me. Allora quando più mi emoziono è quando vedo che ho perso il controllo della tecnica nella riuscita di un acquerello in particolare e che proprio grazie a questo viene fuori un risultato eccellente, diverso, imprevedibile, molto più bello che se l’avessi progettato.

D: Come concepisce l’arte?

R: Concepisco l’arte come un modo di salvezza. Lei riempie quei miei vuoti che altrimenti, sarebbero insopportabili. Ricordo l’idea svolta da Milan Kundera, nella sua ” L’insostenibile leggerezza dell’essere” dove questo autore gira intorno all’idea che dobbiamo essere legati a qualcosa o a qualcuno per sopportare l’esistenza, avvicinandoci a un modo di trascendenza di noi stessi.

D: Che cosa l’ha spinta a dipingere ?

R: A quanto pare mi ha spinta a dipingere una forma di solitudine che da bambina faceva sì che il mio mondo, svolto su un foglio di carta e colori, era più bello di quello reale, scoprendo questo bellissimo modo di creare realtà sognate, sentite, intraviste nella mia immaginazione.

“Spoleto incontra Venezia”: Flavia Rebori e i suoi fluttuanti acuqrelli – intervista all’artista

E’ stata intervistata la pittrice Flavia Rebori, in occasione della sua partecipazione alle mostre “Spoleto incontra Venezia” curate dal Prof. Vittorio Sgarbi e dirette dal manager Salvo Nugnes. I suoi meravigliosi acquerelli sono in esposizione fino al 24 Ottobre 2014, presso lo storico Palazzo Falier, monumentale edificio a pochi passi da Ponte dell’Accademia.

D: Per lei, l’arte, è stata una valvola di sfogo nella sua vita?

R: Assolutamente. Lo è sempre stata. Senza lo spazio fisico e mentale per creare, credo che arriverei a un punto di tensione, il quale si allevia mettendo, nel mio caso, su carta le macchie acquose che generano forme e trasparenze, in un modo che sempre sento più certo, indirizzandomi forse ad una consapevolezza sul sentirmi utile umanamente, svolgendo un compito di ricerca della bellezza e la perfezione, in modo che gli altri possano , se riuscito questo mio compito, vederla riflessa nei miei acquerelli.

D: A quale corrente artistica si ispira?

R: Mi ispiro alla pittura di Edward Hopper, di Edvard Munch, di Giorgio Morandi. Vedo nelle loro opere l’idea del silenzio e la solitudine, nelle quali mi vedo riflessa.

D: Qual è l’emozione più forte che le ha dato creare una sua opera?

R: L ‘emozione più forte è quella che sorge quando vedo una forza più in là di me stessa che sta dietro alla realizzazione degli acquerelli che faccio. Una forza che non controllo soltanto io, una forza che mi spinge sempre a cercare vie di perfezione, dove perfezione è sciogliere i legami della ragione e dell’emozione e scoprire che metto solo alcuni ingredienti nel creare, ma poi intervengono altre forze che sento al di sopra di me. Allora quando più mi emoziono è quando vedo che ho perso il controllo della tecnica nella riuscita di un acquerello in particolare e che proprio grazie a questo viene fuori un risultato eccellente, diverso, imprevedibile, molto più bello che se l’avessi progettato.

D: Come concepisce l’arte?

R: Concepisco l’arte come un modo di salvezza. Lei riempie quei miei vuoti che altrimenti, sarebbero insopportabili. Ricordo l’idea svolta da Milan Kundera, nella sua ” L’insostenibile leggerezza dell’essere” dove questo autore gira intorno all’idea che dobbiamo essere legati a qualcosa o a qualcuno per sopportare l’esistenza, avvicinandoci a un modo di trascendenza di noi stessi.

D: Che cosa l’ha spinta a dipingere ?

R: A quanto pare mi ha spinta a dipingere una forma di solitudine che da bambina faceva sì che il mio mondo, svolto su un foglio di carta e colori, era più bello di quello reale, scoprendo questo bellissimo modo di creare realtà sognate, sentite, intraviste nella mia immaginazione.

Gianmaria Bonà insieme ad un gruppo rinomato di artisti scelti esporrà in occasione di Spoleto Arte

Le sontuose mura dello storico Palazzo Leti Sansi, in Piazza del Mercato a Spoleto, sono pronte per accogliere le imminenti mostre di “Spoleto Arte” curate dal critico Vittorio Sgarbi, con l’organizzazione del manager Salvo Nugnes, che si svolgeranno dal 27 Giugno al 24 Luglio.

All’interno del nutrito gruppo di personaggi rinomati in esposizione, partecipa anche Gian Mario Bonanomi, alias Gianmaria Bonà, nome di calibro nel panorama pittorico e scultoreo attuale. Da sempre coltiva la passione per l’arte, che lo spinge a introdursi e frequentare gli ambienti milanesi e lombardi più selezionati nel settore e a conoscere personalità molto affermate, artisti, architetti, stilisti, esperti e geniali menti creative.

Nel 1982 allestisce la sua prima personale, con lusinghiero successo. Incontra il maestro figurativo Felice Bossone instaurando una positiva amicizia e diventando abitudinario del suo studio, per prendere lezioni e apprendere gli insegnamenti primari per sviluppare la sua personale impronta stilistica. La ricerca è influenzata dall’espressionismo, dall’astrattismo lirico informale, eseguiti prevalentemente con tecnica mista. Le sue opere sono annoverate in importanti collezioni pubbliche e private, conservate in Italia e all’estero.

Nel comparto della scultura, l’uso di materiali non “Sofisticati” come i metalli, che abbina alla rappresentazione di elementi naturali e appartenenti alla visione quotidiana, offre al fruitore un linguaggio comunicativo di spontaneo approccio e immediata comprensione. Il suo messaggio è un richiamo di incipit verso il recupero della naturalità, delle concezioni più genuine, dei sentimenti e del patos emozionale, che lo guidano nelle idee ispiratrici.

Acquista particolare rilievo il rapporto con la natura, con gli esseri viventi, che la popolano e sono inseriti nell’ambiente circostante, come una forma di esortazione simbolica verso l’uomo al rispetto e alla tutela del mondo circostante. Il suo è un ritorno alla concezione esistenziale di matrice naturale, un viaggio alle origini, che ci appartengono e non vanno dimenticate. I soggetti proposti contribuiscono a dare una nuova formulazione alla dimensione figurativa più tradizionale, perché le sue opere, proiettate a tutto tondo in prospettiva tridimensionale, trasformano la percezione della realtà senza modificarla e intaccarne i principi costitutivi basilari, interagendo in un rapporto sinergico con la globalità spaziale, che funge da immaginaria cornice di contorno per delimitare i volumi delle fluttuanti e dinamiche creazioni.

Colpiscono la cura formale e l’attenzione al dettaglio più minuzioso, frutto di una lunga e calibrata preparazione professionale e di un arricchente patrimonio di esperienze, vissute con profonda intensità anche a livello personale, che Bonà confluisce nella fase esecutiva. Ne emerge un plus valore aggiunto, che scavalca la barriera razionale e fornisce un contenuto percettivo e sensoriale di elevata consistenza, da condividere con l’osservatore, generato dalla stretta simbiosi di relazione tra “Contenuto” e “Contenitore”.

Spoleto Arte esporrà Gianmaria Bonà insieme ad rinomato di gruppo artisti

Le sontuose mura dello storico Palazzo Leti Sansi, in Piazza del Mercato a Spoleto, sono pronte per accogliere le imminenti mostre di “Spoleto Arte” curate dal critico Vittorio Sgarbi, con l’organizzazione del manager Salvo Nugnes, che si svolgeranno dal 27 Giugno al 24 Luglio.

All’interno del nutrito gruppo di personaggi rinomati in esposizione, partecipa anche Gian Mario Bonanomi, alias Gianmaria Bonà, nome di calibro nel panorama pittorico e scultoreo attuale. Da sempre coltiva la passione per l’arte, che lo spinge a introdursi e frequentare gli ambienti milanesi e lombardi più selezionati nel settore e a conoscere personalità molto affermate, artisti, architetti, stilisti, esperti e geniali menti creative.

Nel 1982 allestisce la sua prima personale, con lusinghiero successo. Incontra il maestro figurativo Felice Bossone instaurando una positiva amicizia e diventando abitudinario del suo studio, per prendere lezioni e apprendere gli insegnamenti primari per sviluppare la sua personale impronta stilistica. La ricerca è influenzata dall’espressionismo, dall’astrattismo lirico informale, eseguiti prevalentemente con tecnica mista. Le sue opere sono annoverate in importanti collezioni pubbliche e private, conservate in Italia e all’estero.

Nel comparto della scultura, l’uso di materiali non “Sofisticati” come i metalli, che abbina alla rappresentazione di elementi naturali e appartenenti alla visione quotidiana, offre al fruitore un linguaggio comunicativo di spontaneo approccio e immediata comprensione. Il suo messaggio è un richiamo di incipit verso il recupero della naturalità, delle concezioni più genuine, dei sentimenti e del patos emozionale, che lo guidano nelle idee ispiratrici.

Acquista particolare rilievo il rapporto con la natura, con gli esseri viventi, che la popolano e sono inseriti nell’ambiente circostante, come una forma di esortazione simbolica verso l’uomo al rispetto e alla tutela del mondo circostante. Il suo è un ritorno alla concezione esistenziale di matrice naturale, un viaggio alle origini, che ci appartengono e non vanno dimenticate. I soggetti proposti contribuiscono a dare una nuova formulazione alla dimensione figurativa più tradizionale, perché le sue opere, proiettate a tutto tondo in prospettiva tridimensionale, trasformano la percezione della realtà senza modificarla e intaccarne i principi costitutivi basilari, interagendo in un rapporto sinergico con la globalità spaziale, che funge da immaginaria cornice di contorno per delimitare i volumi delle fluttuanti e dinamiche creazioni.

Colpiscono la cura formale e l’attenzione al dettaglio più minuzioso, frutto di una lunga e calibrata preparazione professionale e di un arricchente patrimonio di esperienze, vissute con profonda intensità anche a livello personale, che Bonà confluisce nella fase esecutiva. Ne emerge un plus valore aggiunto, che scavalca la barriera razionale e fornisce un contenuto percettivo e sensoriale di elevata consistenza, da condividere con l’osservatore, generato dalla stretta simbiosi di relazione tra “Contenuto” e “Contenitore”.

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