Università Americane: sempre più convenienti grazie alle borse di studio per studenti italiani

Milano, 7 giugno 2018 – Con le borse di studio per studenti italiani si ottiene fino al 70%  di costi abbattuti di vitto, alloggio e studio nelle università americane. Se ne è parlato negli incontri tenuti ad aprile a Milano, Torino, Bologna e Udine, dove per la prima volta in Italia tre università americane hanno incontrato personalmente studenti e genitori. Domenica 10 giugno a Bologna ci sarà un’ulteriore occasione di confronto, questa volta con la presenza degli studenti italiani che stanno già studiando nei campus americani.

Alla vigilia degli esami di maturità, tanti giovani sono ancora indecisi sul proprio futuro e guardano con curiosità al sistema universitario americano, più incline agli interessi degli studenti e flessibile nella scelta delle materie in cui specializzarsi.

Le università americane, da sempre in vetta alle classifiche a livello internazionale, sono ambite dagli studenti italiani, che spesso però non conoscono l’organizzazione del sistema educativo americano, né sono a conoscenza della possibilità di ottenere delle borse di studio per finanziare una parte consistente del proprio percorso.

Per questo motivo è stata organizzato una nuovo evento informativo da Mondo Insieme, organizzazione italiana riconosciuta dal Ministero degli Affari Esteri e specializzata in scambi culturali all’estero e in programmi di studio e lavoro negli Stati Uniti.

“Domenica 10 giugno a Bologna, presso l’Hotel Amadeus, presenteremo il sistema universitario americano e le borse di studio a disposizione, che arrivano ad abbattere fino al 70% dei costi annuali di vitto, alloggio e studio, per un anno o fino al conseguimento della laurea. Lo faremo con la testimonianza di alcuni nostri studenti, che sono rientrati per le vacanze e racconteranno la loro esperienza” spiega Valeria Sessini, responsabile del programma Campus Usa di Mondo Insieme.

“Parleremo dei punti di forza delle università americane, della stretta connessione con il mondo del lavoro, della personalizzazione del titolo, di come sono strutturati gli esami e le lezioni, del rapporto con gli insegnanti, delle attività extra scolastiche e risponderemo a qualsiasi domanda e curiosità” conclude Sessini.

Quale modo migliore per arrivare carichi alla maturità e consapevoli delle scelte per il proprio futuro?

L’incontro è gratuito e senza alcun impegno.

Per partecipare all’evento presso l’Hotel Amadeus (Via M. E. Lepido, 39) è sufficiente registrarsi sul sito di Mondo Insieme, www.mondoinsieme.it, o scrivere a info@mondoinsieme.it.

 

A Milano Smart Future Academy, per capire cosa fare da grandi

A Milano il 5 maggio si terrà Smart Future Academy: studiare, conoscersi e saper sbagliare, per capire cosa fare da grandi. 12 i saggi che faranno da tramite tra i giovani e il loro futuro…

Milano, 2 maggio 2018 – Il 5 maggio prossimo a Talent Garden si terrà la prima edizione milanese di Smart Future Academy, un innovativo progetto di orientamento rivolto agli studenti delle scuole superiori che ha come obiettivo di aiutarli a meglio comprendere cosa vorrebbero fare da “grandi” attraverso il contatto con straordinari personaggi dell’imprenditoria, della cultura, della scienza e dell’arte.

I 12 saggi porteranno sul palco la loro storia, i loro errori e i loro consigli, mostrando ai ragazzi come sia possibile raggiungere il successo. L’obiettivo è quello di contrastare la sensazione di inadeguatezza che molti giovani vivono, dimostrando che si possono realizzare i propri sogni, sogni che richiede però formazione e aggiornamento, disciplina e costanza. 

Smart Future Academy ha il patrocinio ed il sostegno di Regione Lombardia, Assolombarda, A2A, Summer School dei premi Nobel dell’Istituto I.S.E.O, Fondazione per l’Educazione Finanziaria il Risparmio (ABI).

Smart Future Academy nasce nel 2016 per iniziativa di Lilli Adriana Franceschetti, co-fondatrice e Presidente di Smart Future Academy, bocconiana attivamente coinvolta nel mondo della scuola, insieme a Carlo Alberto Pratesi, docente dell’Università Roma Tre che vanta una lunga esperienza in progetti finalizzati ad aiutare gli studenti nel passaggio dalle aule al lavoro e da Marco Bianchi, dottore commercialista e consulente aziendale. Il workshop Smart Future Academy è aperto a tutti gli studenti delle scuole superiori senza alcun costo, né per le scuole, né per le famiglie.

Il presidente Lilli Franceschetti ci spiega come nasce l’idea:

“Ho cinque figli e mi trovo spesso in mezzo a ragazzi che alla domanda ‘Cosa vuoi fare da grande‘ rispondono ‘Mah‘. Perchè quindi non aiutarli a trovare la loro strada convincendoli che lavorare o studiare con passione, magari svolgendo un lavoro o un percorso di studi in armonia con le proprie inclinazioni e le proprie aspirazioni è un sogno realizzabile? Esercitare una professione appassionante o studiare materie interessanti vuol dire affrontare ogni nuovo giorno con il sorriso”.

Marco Bianchi, co-founder  di Smart Future Academy aggiunge:

“La cosa straordinaria è che questo messaggio è stato accolto immediatamente dagli speaker, da Corrado Passera a Matteo Marzotto, da Davide Dattoli al Generale Teo Luzi, insomma, per questa edizione milanese (la terza di Smart Future Academy) altri 12 saggi, scelti da un autorevole Comitato Scientifico, parleranno senza veli della loro carriera, dei loro successi e delle difficoltà incontrate. Si, perché il successo è evidente ma la fatica per raggiungerlo non sempre”.

Gli speaker di Smart Future Academy Milano 2018 sono: Davide Dattoli – presidente e fondatore Talent Garden; Luigi Franceschetti- founder ELI WMS; Teo Luzi – Generale di Divisione Comandante della Legione Carabinieri Lombardia; Paolo Martini – amministratore delegato Azimut Capital Management; Matteo Marzotto – imprenditore; Emanuele Morandi – presidente SiderWeb; Betty Pagnin – partner ScuolaZoo; Corrado Passera – Promotore Spaxs; Sergio Pecorelli – già rettore Università di Brescia; Paolo Revelli – nuotatore olimpionico, imprenditore energie rinnovabili UK; Luigi Scordamaglia – amministratore delegato gruppo Cremonini-Inalca, presidente Federalimentare; Daniele Tranchini – amministratore delegato LaFabbrica.

Il Comitato Scientifico di Smart Future Academy è invece composto da:

Giuseppe Ambrosi  (presidente CCIAA Brescia, Assolatte, Gruppo Ambrosi); Sergio Pecorelli (già Rettore Università di Brescia); Carlo Alberto Pratesi  (docente di marketing ed innovazione, Univ. Roma Tre); Luigi Scordamaglia (amministratore delegano gruppo Cremonini-Inalca, presidente Federalimentare;); Daniele Tranchini  (amministratore delegato LaFabbrica); Enrico Zampedri (amministratore delegato gruppo Metra – già direttore generale Policlinico Gemelli.)

 

Per saperne di più sull’evento è possibile visitare il sito internet www.smartfutureacademy.it oppure si può scrivere alle mail presidente@smartfutureacademy.it e info@smartfutureacademy.it.

L’appuntamento è quindi il 5 maggio 2018 dalle 8,00 alle 16.00 nella Hub di Talent Garden in via Arcivescovo Calabiana 6.

 

 

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Contatti stampa:

Lilli Adriana Franceschetti

Presidente Associazione Smart Future Academy

Mob. 335 548 5575

 

 

Foto delle  precedenti:

         

In Italia costi di acquisto degli immobili tra i più bassi d’Europa

Torino, 19 aprile 2018 – In Italia i costi correlati all’acquisto della prima casa sono tra i più bassi d’Europa.

Lo evince uno studio nato per valutare i costi correlati all’acquisto di una prima casa realizzato da Homstate.it, piattaforma per la vendita immobiliare online senza commissioni.

Ad esclusione delle commissioni d’agenzia che non sono state oggetto di analisi perché stanno variando molto con l’ingresso sul mercato di operatori online come Homstate.it, che puntano ad industrializzare il processo di commercializzazione con tariffe fisse low cost, sono stati analizzati i costi accessori per l’acquisto di un immobile come l’onorario notarile, le imposte di registro e le altre tasse e diritti correlati.

Oggi un compratore che intende acquistare una prima casa usata deve calcolare mediamente spese accessorie nell’ordine del 3% del valore dell’immobile per far fronte a  imposta di registro,
tassa d’archivio, imposta ipotecaria, imposta catastale, onorario notarile, contributo Cassa Nazionale Notariato, C.N.N., tassa consigliare e visure.

L’onorario notarile viene calcolato sulla base del prezzo di vendita e definito in base a degli scaglioni indicati dal Notariato. Mediamente per un compravendita da 200.000€ l’onorario notarile è compreso tra lo 0,75% e l’1,10% ossia una parcella media di 1.650€, un range che consente ai notai di avere un minimo di discrezionalità in fase di proposta di preventivo.

Come emerge dalla ricerca disponibile alla pagina https://www.homstate.it/blog/mercato/505/costi-notaio.html per un immobile adibito a prima casa con un prezzo di 200.000€, senza usufruire del credito d’imposta e senza un mutuo, le spese accessorie sono mediamente di 5.750€.

Ma cosa succede negli altri Paesi d’Europa?

La ricerca di Homstate.it si è focalizzata sulla comparazione con altri stati Europei, con una serie di limiti dovuti ai diversi meccanismi di calcolo della base imponibile su cui viene richiesta l’imposta di registro.

Sono stati messi a confronto 9 Paesi dove le normative sulla proprietà sono simili. Per l’Italia le imposte di registro sono state calcolate sul prezzo di vendita, ma essendo la base imponibile, la rendita catastale rivalutata, quasi sempre più bassa del prezzo di vendita questo dato è sopravalutato.

 

Primo classificato in Europa è il Lussemburgo che ha notai con costi di stipula bassi e una tassazione agevolata per la abitazione principale da far invidia a tutti.

Grazie al Bëllegen Akt un acquirente ha diritto ad un credito d’imposta di 20.000€ che diventa di 40.000€ se a comprare è una coppia: quando è possibile applicare il Bëllegen Akt l’imposta di registro ha un importo fisso di 100€.

Dallo studio emerge anche che gli onorari notarili italiani sono tra i più bassi d’Europa, che pone l’Italia come terzo paese più conveniente dopo Spagna e Portogallo.

Da notare che per quanto concerne il Regno Unito l’onorario notarile è stato sostituito con la prestazione professionale dell’avvocato che stipula il contratto.

Dallo studio emerge infine che anche sul fronte dell’imposta di registro (tenendo conto che è calcolata sulla rendita rivalutata e del credito d’imposta) è vantaggioso acquistare la prima casa in Italia rispetto al resto d’Europa.

Tra i Paesi con i costi più elevati emergono infine Grecia, Francia e Spagna.

Secondo Ivan Laffranchi, ceo di Homstate che ha realizzato lo studio, “Ad esclusione del Lussemburgo, che conferma anche nel settore immobiliare tutti i suoi vantaggi fiscali, l’Italia è un Paese dove i costi per l’acquisto della prima casa sono interessanti, con tariffe notarili tra le più basse d’Europa, ma con un elevato livello di sicurezza sulle transazioni immobiliari”.

“Se consideriamo il credito d’imposta, di cui spesso i compratori non sono a conoscenza e le rendite catastali basse, acquistare in Italia è un ottimo affare. A questi costi vanno aggiunti i costi di mediazione, spesso troppo elevati, ma riteniamo che nei prossimi anni anche il settore dell’intermediazione immobiliare subirà un processo di ‘uberizzazione’ grazie alle piattaforme di comoravendita online che stanno offrendo un punto di rottura ai tradizionali modelli di mediazione” conclude Laffranchi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Per scaricare l’infografica con la classifica dei costi per l’acquisto in alta risoluzione cliccare qui.

Contatti Stampa:

info@homstate.it

Ministero Istruzione: “I diplomati magistrale presto cancellati dalle graduatorie”

Diffida contro l’inserimento dei Diplomati Magistrale nelle Gae: il Ministero dell’Istruzione risponde che gli insegnanti in possesso del solo diploma magistrale saranno presto cancellati dalla graduatorie…

Roma, 5 aprile 2018 – Il Ministero dell’Istruzione cancellerà presto dalla GaE i Diplomati Magistrale. Lo comunicano l’avv. Antonio Gabrieli e l’Avv. Giada Ficarelli che nei giorni scorsi hanno diffidato ai sensi di legge il MIUR, tutti gli UU.SS.RR e tutti gli UU.SS.TT. dal continuare a mantenere inseriti nelle GaE e nalla I^ fascia delle GI i meri diplomati magistrali.

I predetti avvocati hanno, altresì messo in mora i dirigenti dei predetti Uffici Scolastici per i danni sinora causati ai precari storici, ai vincitori di concorso e ai laureati in Scienze della Formazione Primaria, avvertendo l’Amministrazione che anche per i danni emergenti non si esclude di notiziare la Corte dei Conti attraverso l’inoltro di un’apposita relazione dettagliata.

Alla predetta diffida e messa in mora non si è fatta attendere la risposta ufficiale del MIUR, il quale ha confermato che la persistenza dei DM nelle GaE dipende esclusivamente dalla esecuzione di ordinanze cautelari, ma che è volontà  certa del Ministero di procedere alla loro immediata cancellazione appena dette ordinanze verranno sovvertite.

Nella risposta fornita dall’Amministrazione scolastica si evince chiaramente anche la volontà del Ministero di non voler interferire affatto con il lavoro della Avvocatura dello Stato, anzi chiarendo che la difesa Erariale ha uno specifico onere di impugnare detti provvedimenti cautelari.

Sul punto anche l’Avvocatura dello Stato è stata messa a conoscenza della predetta diffida e messa in mora, affinché agisca rapidamente per permettere la più rapida cancellazione dei DM dalle GAE.

La risposta ufficiale del Ministero, ovviamente, smentisce anche le fantasiose voci che alcuni DM avevano fatto circolare inutilmente in rete nei giorni scorsi.

D’altro canto, il MIUR non poteva certamente trascurare il fatto che l’illogicità di inserire un mero DM nelle GaE stesse danneggiando tutti i precari storici, tutti i vincitori di concorso e tutti i laureati in S.F.P..

I predetti avvocati hanno anche dato incarico ai propri consulenti tecnici per quantificare il danno erariale sinora causato dall’inserimento dei DM nelle graduatorie ad esaurimento, attendendo per i prossimi giorni di conoscere la precisa quantificazione che già si approssima essere di oltre un miliardo di euro.

Cifra che incrementerebbe in caso di assurde sanatorie politiche, destinate a generare contenziosi e risarcimenti colossali.

Avv. Antonio Gabrieli
Avv. Giada Ficarelli

 

 

 

Università americane: dal 9 al 12 aprile in Italia 3 prestigiose università statunitensi

A Milano, Torino, Bologna e Udine la presentazione di 3 prestigiose università statunitensi:  la Southern Utah University (Utah), il Menlo College (California) e la Truman State University (Missouri)…

Roma, 30 marzo 2018 – La scelta degli studi universitari è il momento più delicato per i liceali italiani. L’85% dei maturandi dichiara di non avere una chiara idea del proprio futuro prima del diploma, mentre il 70% degli studenti valuta l’offerta formativa al di fuori dei nostri confini prima di prendere una decisione.

Le università americane, da sempre in vetta alle classifiche a livello internazionale, rappresentano la massima aspirazione per gli studenti italiani, che spesso non conoscono l’organizzazione del sistema educativo americano, né sono a conoscenza della possibilità di ottenere delle borse di studio per finanziare una parte consistente dei propri studi.

Sono pertanto imperdibili i quattro eventi organizzati ad aprile da Mondo Insieme, organizzazione italiana riconosciuta dal Ministero degli Affari Esteri e specializzata in scambi culturali all’estero e in programmi di studio e lavoro negli Stati Uniti, nell’ambito del programma Campus USA.

Dal 9 al 12 aprile prossimi, per la prima volta in Italia, 3 prestigiose università americane, la Southern Utah University (Utah), il Menlo College (California) e la Truman State University (Missouri) presenteranno a Milano, Torino, Bologna e Udine, il sistema universitario americano e le loro vantaggiose borse di studio, riservate agli studenti iscritti tramite Mondo Insieme, che arrivano ad abbattere fino al 70% i costi annuali di vitto, alloggio e studi, per un anno o fino al conseguimento della laurea.

“Gli studenti scelgono il nostro Programma per vivere l’eccezionale esperienza in un campus americano a costi accessibili, orientarsi sul corso di laurea di loro interesse e migliorare il proprio inglese”, spiega Valeria Sessini, Responsabile del Programma Campus USA di Mondo Insieme, “Anche se molti si iscrivono per un solo anno, la maggior parte decide poi di continuare gli studi per tutti e quattro gli anni, sempre con borsa di studio garantita”.

Il sistema americano risulta vincente rispetto a quello italiano per svariati fattori, che verranno evidenziati durante gli incontri: personalizzazione del titolo, possibilità di orientarsi per i primi due anni all’interno della vasta offerta formativa, stretta connessione con il mondo del lavoro, pragmatismo, vita in campus, sviluppo dei talenti artistici e sportivi, programmi di scambi internazionali, ecc.

Gli incontri sono gratuiti e senza alcun vincolo e rappresentano il momento migliore per orientarsi su un futuro vincente.

Per partecipare è sufficiente registrarsi sul sito di Mondo Insieme, www.mondoinsieme.it.

 

                       

L’Italia è un paese per vecchi: è allarme per il 2050

È allarme anzianità in Italia: Milano, Torino, Roma, Bologna e Bergamo le città con più richieste di case di riposo…

Roma, 28 febbraio 2018 – L’Italia, secondo i dati dell’Istat, ad oggi è  il paese europeo con il tasso di anzianità più alto visto che costituisce ben il 22,3% della popolazione. Ogni anno su tutto il territorio italiano si registrano infatti migliaia di richieste da parte di persone anziane che chiedono di essere ospitati all’interno di una casa di riposo.

Questo è indice di un duplice problema, poiché mentre da una parte diminuisce di anno in anno la percentuale delle nascite in Italia, dall’altra parte si incrementa quella dell’anzianità.

Se questi dati dovessero rimanere costanti si prevede che nel 2050 ben il 34,3% della nostra popolazione sarà costituito da over 60.

Cifre allarmanti per la sostenibilità del welfare italiano, che vedrà oltre 1/3 dei suoi cittadini bisognoso di servizi assistenziali.

È chiaro il motivo per cui ogni anno aumenti la domanda di inserimento nelle strutture adibite agli anziani. La maggior parte di queste richieste provengono da famiglie con a carico persone anziane non-autosufficienti, che alle volte presentano gravi disabilità motorie o psichiche, che quindi necessitano di assistenza medica specializzata 24 ore al giorno.

E non solo, visto che spesso si tratta anche di anziani autosufficienti che per vari motivi si vedono costretti a chiedere di dover essere alloggiati presso una di queste strutture.

Grazie al progetto di Quotalo.it, un portale dedicato alla famiglia ed al consumatore che si occupa di mettere in contatto il privato con professionisti, artigiani e fornitori di 9 settori di interesse, è stato possibile elaborare uno studio approfondito e dettagliato su quanta richiesta vi è stata in quest’ultimo 2017, grazie ai dati che sono stati inseriti all’interno del portale.

I dati presentati mostrano quante richieste all’anno vengono effettuate e da quali città provengono. Nel grafico sottostante abbiamo preso in analisi un campione di 30 città italiane dove il tasso di richieste è stato più alto.

Quello che emerge dallo studio di questi dati è innanzitutto un elevato volume di richieste, oltre 4000, che sono state inserite all’interno del portale nel corso di tutto l’anno.

 

Distribuzione delle richieste sul territorio nazionale

Come si denota dal grafico, Milano è la provincia che di gran lunga presenta il numero di richieste più elevato rispetto a tutte le città italiane. Ben 377 richieste complessive di cui 266 sono per anziani non autosufficienti e 111 per anziani autosufficienti.

Di conseguenza per sopperire a questa grande richiesta, che ogni anno si incrementa, è dovuto crescere il numero di strutture. Nel 2012 le case di riposo presenti sul territorio di Milano erano 84; ad oggi se ne contano 26 in più. Si arriva in questo modo a più di 100 residence per anziani presenti solo sul territorio di Milano e provincia .

L’incremento dell’offerta, comunque, non ha portato grandi vantaggi alle famiglie italiane: aumenta il numero delle strutture e aumentano i posti letto tuttavia le rette e le spese di mantenimento non diminuiscono. Attraverso alcune ricerche abbiamo constatato che le spese medie per risiedere all’interno di una di queste strutture variano mediamente dai 1600 ai 3000 euro al mese .

Una spesa che spesso le famiglie si trovano a dovere far fronte a causa dei tagli avvenuti gli anni scorsi al Fondo nazionale per le politiche sociali e al Fondo Non Autosufficienza . Un Fondo indirizzato sia a favorire l’inserimento nelle case di riposo sia all’assistenza domiciliare, in modo tale da creare le condizioni affinché sia permesso alla persona in questione, di continuare a vivere in casa propria .

Lo stesso discorso è ovviamente fattibile per tutte le altre città del suolo italiano tenendo presente che la città di Milano a oggi è quella che presenta costi e richieste più alte con uno scarto di più di 150, rispetto alla città di Torino che si trova seconda nella nostra classifica.

 

Ma cosa accade in tutto il resto del territorio?

I dati che il portale Quotalo.it ci ha fornito e che ha messo a disposizione sono più di 4.000. L’analisi di tutti questi elementi suddivisi successivamente tra Nord – Centro – Sud, ci ha permesso di calcolare la percentuale di richieste provenienti da tutte le zone del territorio.

Si denota che la maggior parte delle richieste derivano dal Nord-Italia (dalla Valle d’Aosta fino all’Emilia Romagna) che da solo copre il 59% del bisogno, tenendo presente che l’indice di popolamento di alcune città del Settentrione è nettamente più alto rispetto a città che si trovano nel Centro e nel Sud Italia.

Le richieste del Centro, infatti, (dalla Toscana all’Abruzzo) presenta un tasso del 25% anche se bisogna evidenziare che buona parte di questa percentuale è costituita dal numero di richieste provenienti dalla sola città di Roma, terza classificata nel nostro grafico di tutte le città italiane.

Nel Sud del paese le richieste sono nettamente inferiori (Molise – Calabria più le isole di Sicilia e Sardegna) poiché la percentuale è costituita dal 16% del totale.

 

Quali sono le necessità del popolo italiano over 70?

In base ai dati in nostro possesso abbiamo distinto in seguito il tipo di servizio di cui si ha bisogno: case di riposo per anziani autosufficienti e non autosufficienti.

Sono dunque tre i fattori che emergono in maniera evidente da questa analisi: la richiesta per anziani non autosufficienti risulta maggiore in tutti i casi. Questo può essere indice del fatto che le famiglie italiane, soprattutto a causa delle elevate spese che comportano queste strutture, preferiscono attendere fino al caso estremo in cui i loro parenti si ritrovano nella condizione di non autosufficienza, in cui l’assistenza medica 24h si rivela effettivamente necessaria.

Il numero di anziani in generale (over 70) all’interno del nostro paese è sempre in continuo aumento, crescendo in maniera tangibile di anno in anno.

Il bisogno di aiuto da parte delle famiglie che chiedono di sostenere nel migliore dei modi possibili i loro cari all’interno di queste strutture, per garantirgli il riposo, la serenità e l’assistenza di cui effettivamente necessitano, è in continuo aumento.

Sarà l’Italia un paese per vecchi?

 

Comunicato a cura di

Maria Rosa Ingrassia
Q Business Innovation Srl
maria@quotalo.com

TAG: anziano, anziani, vecchio, vecchi, anzianità, pensione, pensioni, pensionamento

Studio Lavoro: con Work and Travel USA 2018 vacanze lavoro negli USA

Milano, 19 febbraio 2018 – Dopo un anno con la testa sui libri, un viaggio all’estero è l’opportunità più ambita dagli universitari italiani. In modo particolare, c’è un programma che sta diventando sempre più popolare, si chiama Work and Travel e ha come meta il Paese del tanto agognato ‘American Dream’.

Il Work and Travel è un’esperienza inserita nell’ambito degli accordi culturali tra gli Stati Uniti e svariati Paesi del mondo, tra cui l’Italia, e prevede l’inserimento degli studenti nel settore turistico nel periodo estivo.

Ristoranti, parchi di divertimento, negozi, alberghi e parchi nazionali si affollano di giovani internazionali desiderosi di svolgere un’esperienza di lavoro e svago, attività culturali e conoscenze cosmopolite.

I nostri studenti hanno solo da guadagnare: da metà giugno a metà settembre vivono quella full-immersion necessaria per padroneggiare la lingua e sfatare il mito dell’inglese maccheronico; lavorano full-time e sono retribuiti regolarmente, portano quindi a casa la propria busta paga e sono indipendenti dai genitori; partecipano ad attività culturali che permettono loro di viaggiare e toccare con mano la realtà americana, i monumenti iconici, le strade infinite, la natura mozzafiato e l’incredibile gentilezza delle persone.

Chi ha partecipato al programma lo descrive, anche a distanza di anni, come l’estate più bella della propria vita, e sottolinea quanto abbia destato curiosità tra i datori di lavoro italiani che poi li hanno assunti.

Nei curricula si legge costantemente la frase “ottime capacità di adattamento” e, spesso, viene spontaneo chiedere “a cosa ti sei adattato”? Chi fa un’esperienza all’estero adotta, in primis, uno stile di vita diverso, si esprime in una lingua straniera, approfondisce la conoscenza di una cultura con peculiarità e tradizioni uniche, impara un’etica professionale di un certo tipo, ecc. Fa un’esperienza a tutto tondo.

“Il Work and Travel negli Stati Uniti” – spiega Valeria Sessini, responsabile del Programma di Mondo Insieme, organizzazione specializzata da oltre 30 anni in scambi culturali, esperienze lavorative e studio all’estero – “è un’opportunità eccezionale per gli studenti di tutti i corsi di laurea, responsabilizza i ragazzi e li fa diventare cittadini del mondo. Le motivazioni a partire? Il miglioramento dell’inglese, prioritario per tutti, ma quando i ragazzi tornano realizzano di aver portato a casa un bagaglio di esperienze e conoscenze dal valore inestimabile, che va ben oltre il semplice miglioramento della lingua”.

Il rientro in Italia com’è?

“Il primo mese è stato duro, io sono tornato cambiato ma qui è rimasto tutto fermo” – afferma Lorenzo, brillante studente di Giurisprudenza di Bologna – “sono rientrato talmente carico che la mia sessione universitaria è stata la migliore di sempre”.

“Grazie al Work and Travel USA sono uscita dalla mia comfort zone” racconta Marta, della provincia di Pordenone, “il mio inglese è migliorato sensibilmente, sono diventata indipendente, ho rafforzato il mio carattere e ampliato la mia mente”.

Motivati, cosmopoliti e professionali: questa è la generazione degli universitari di oggi, che non vedono confini quando si tratta di inserirsi nel mercato del lavoro.

“Ci sono ancora posti disponibili per l’estate 2018” – sottolinea la responsabile di Mondo Insieme “in una meta gettonatissima tra gli studenti internazionali: Ocean City, nel Maryland. Sono ben 4.000 i ragazzi che la scelgono ogni estate, da 25 Paesi diversi, e sono 350.000 i turisti che la affollano nel periodo estivo. Le selezioni continueranno fino ai primi di marzo, quindi questo è il momento ideale per cogliere l’occasione e assicurarsi un contratto di lavoro”.

I giovani italiani hanno in questo momento un mondo di opportunità davanti a sé e per non farsele scappare o per avere tutte le informazioni necessarie basta visitare il sito internet www.mondoinsieme.it.

 

 

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Lavoratori introvabili: le imprese italiane in difficoltà tra domanda e offerta di lavoro

Milano, 16 febbraio 2018 – «La domanda di lavoratori qualificati, da parte delle imprese italiane, è in costante crescita, ma in molti casi non si riescono a trovare dei candidati adatti a soddisfare le richieste delle aziende».  

A rimarcare la strana situazione che si è venuta a creare negli ultimi mesi in Italia è Carola Adami, head hunter nonché CEO di Adami & Associati, società specializzata in ricerca di personale qualificato per Pmi e multinazionali (adamiassociati.com).

«Sempre più spesso le aziende fanno fatica a trovare i profili professionali giusti, i quali in molti settori effettivamente scarseggiano, soprattutto quando si ha che fare con ruoli legati all’intelligenza artificiale, alla fisica e alla chimica» ha spiegato Adami.

E le impressioni degli imprenditori e dei cacciatori di teste sono confermate dai dati del sistema informativo Excelsior di Unioncamere – Anpal, il quale afferma che sì, nel 2018 sono previsti 400mila nuovi posti di lavoro, anche e soprattutto in virtù dell’incentivo deciso per agevolare l’assunzione di giovani sotto i 35 anni.

Ma questo non sembra del tutto sufficiente a sbloccare completamente la situazione perché, come anticipato, esiste una marcato squilibrio tra domanda e offerta di lavoro.

Se dunque da una parte il nostro Paese continua a fare i conti con un’importante disoccupazione giovanile, e quindi con tanti ragazzi alla costante ricerca di un lavoro, dall’altra ci sono tante aziende che, pur offrendo delle posizioni lavorative, non trovano nessuno da assumere, a causa della mancanza dei giusti profili professionali.

Ma quali sono le professioni più richieste nell’attuale mercato italiano?

Come spiega Adami, «le ricerche più frequenti riguardano tecnici di laboratorio, esperti di privacy, ingegneri, tecnici informatici, ma anche camerieri, cuochi, infermieri, impiegati e commessi».

E se per questi ultimi non ci sono grossi problemi nell’individuazione dei profili giusti, il gioco si fa più difficile quando si parla di figure più innovative o più squisitamente qualificate.

Nel 2017 sono stati offerti circa 4,1 milioni di posti di lavoro, e ben 880 mila posizioni sono risultate di difficile reperimento. Una offerta su cinque, dunque, fatica ad essere soddisfatta.

La situazione è particolarmente difficile per quanto riguarda l’industria, in quanto qui le posizioni difficili da coprire rappresentano il 26,6% dei casi, di contro al 13,3% relativo al 2016.

Per crescere le aziende cercano lavoratori preparati e competenti, e infatti lo sguardo delle imprese italiane e delle società di ricerca e selezione del personale continua a sondare il mercato alla ricerca di laureati e diplomati: nel 2017 sono stati cercati 467 mila dottori e 1 milione e 415 mila diplomati, in un contesto in cui ben 1 lavoro su 3 è destinato ai soli laureati.

E di questi, sempre stando ai numeri di Unioncamere – Anpal, 1 su 3 è di difficile reperimento. I più rari sono i candidati laureati in lingue, che sembrano non bastare mai alle imprese Italia, con problemi di reperimento per 8.000 figure in entrata su 15.000 previste.

Un discorso simile si potrebbe fare anche per gli ingegneri industriali e per i laureati in matematica, in fisica e in ingegneria gestionale.

Questa, dunque, la situazione attuale.

Ma cosa cercheranno le imprese italiane nei prossimi anni? Come cambierà il mercato del lavoro?

«Guardando alle ultime proiezioni e ai trend attuali» spiega Carola Adami «nei prossimi anni continuerà l’impennata delle professioni propriamente digitali, dagli sviluppatori agli specialisti Blockchain, ma anche tecnici e ingegneri nel campo agroalimentare, metalmeccanico e dell’automazione industriale».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Insegnamento, per il Consiglio di Stato fuori i diplomati Magistrale dalle graduatorie

Roma, 22 gennaio 2018 –  L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, ha sancito con una sentenza epocale lo scorso 20 dicembre che i diplomati magistrale, senza aver fatto alcun concorso, devono restare fuori dalle Graduatorie ad Esaurimento (GaE), ovvero graduatorie dalle quali si attinge per nominare in ruolo il personale docente.

Una vittoria significativa in Adunanza Plenaria ottenuta dai precari storici delle graduatorie ad esaurimento contro i cosiddetti “Diplomati Magistrale”.

Secondo il Consiglio di Stato quindi nelle graduatorie hanno diritto di rimanere, sino all’ottenimento dell’immissione in ruolo, solo i precari storici, ovvero quei docenti che da diversi anni, e in diversi casi da alcuni decenni, hanno dedicato la loro vita all’insegnamento, hanno studiato ulteriormente rispetto al semplice conseguimento della maturità magistrale, hanno quindi superato un concorso, un corso o un percorso universitario.

Il Supremo Collegio della Giustizia amministrativa, nel condividere le tesi studiate ed elaborate dagli scriventi Avv. Antonio Gabrieli e Avv. Giada Ficarelli, col pregiato ausilio del collega Avv. Mariano Alteri che le ha rappresentate giudizialmente, ha sancito ciò che prepotentemente emergeva dal diritto stesso: le graduatorie ad esaurimento non sono create per permettere l’accesso a chi vorrebbe insegnare col semplice titolo del diploma.

L’insegnamento è una delle professioni più importanti per l’intera collettività; agli insegnanti della nostra scuola pubblica affidiamo l’educazione e l’istruzione dei nostri figli, di conseguenza, servono specifiche competenze, acquisibili attraverso lunghi e impegnativi percorsi di studio che non possono essere surrogati attraverso la sola maturità magistrale, nella maggior parte dei casi conseguita anche un ventennio/trentennio prima, senza esser mai riusciti a superare un’ulteriore valutazione da parte dello Stato.

“I precari storici inseriti nelle GaE, da noi assistiti, piaccia o non piaccia ai diplomati magistrale, sono tutti professionisti che hanno dedicato la propria vita all’insegnamento. Essi hanno superato un concorso, conseguito un’abilitazione a seguito di un corso ovvero che si sono laureati con profitto  in Scienze della Formazione Primaria” racconta l’avv. Gabrieli, promotore della tesi vincente a difesa dei docenti precari.

“In altre parole, la vittoria epocale conseguita in Adunanza Plenaria rappresenta il trionfo delle tesi difensive da noi portate avanti, con la constatazione che per fare l’insegnante nella scuola pubblica e meritarsi un contratto a tempo indeterminato non è sufficiente il possesso di un semplice diploma di maturità magistrale. Per i nostri figli ci vuole una più alta qualifica e un maggior merito. Ci vuole dunque più attenzione e controllo da parte dello Stato” continua l’avvocato Gabrieli.

Tra i tanti sconfitti diplomati magistrale c’è chi non ha mai lavorato nella scuola, ma che dopo anni e anni passati come casalinga o svolgendo altra attività lavorativa, ha ben pensato di svoltare la propria esistenza, pretendendo di andare a insegnare in virtù del possesso di un mero diploma di maturità conseguito trent’anni prima, spodestando immeritatamente chi aveva invece dedicato la propria vita all’insegnamento e alla propria formazione professionale.

L’Adunanza Plenaria ha di fatto evitato anche questo.

“Non sfugga al Ministero, ai politici in cerca di voti e desiderosi di speculare sulla scuola, i quali offrono in campagna elettorale inappropriate e illegittime sanatorie, che tra i diplomati magistrale ci sono anche queste desolanti situazioni” denunciano i precari storici delle graduatorie.

Tra i diplomati magistrale si celano anche persone che non hanno mai insegnato, ma che di fatto stanno sottraendo il lavoro a chi si è addirittura laureato in Scienze della Formazione Primaria.

Insomma, diversi meri diplomati magistrale che per trent’anni hanno fatto altro nella vita, infischiandosene della pedagogia e della didattica, si trovano a sottrarre il lavoro a chi si è laureato e ha per giunta superato severe procedure concorsuali o corsi abilitanti per poter garantire ai discenti una più alta professionalità.

“L’istruzione è una cosa seria. Se lo ricordino i politici tutti che ogni ipotesi di sanatoria, infatti, rappresenterebbe l’antitesi della legalità, l’opposta sensata scelta che farebbe il vero buon padre di famiglia” raccontano gli avvocati del pool difensivo dei precari laureati.

Per questo l’Adunanza Plenaria ha riconosciuto punto per punto l’infondatezza delle tesi dei diplomati magistrale e l’impossibilità per questi di ambire all’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento.

La vittoria conseguita in Adunanza Plenaria ha già prodotto evidenti risultati per i precari storici laureati, evitando che 100.000 diplomati magistrali potessero senza alcuna ulteriore valutazione e/o preparazione arrogarsi il diritto di insegnare ai bambini dell’infanzia e della scuola primaria.

Nulla possono valere, a sommesso avviso degli scriventi, i pretestuosi ricorsi in Cassazione ovvero alla Corte di Giustizia Europea, al fine di inficiare l’operato dell’Adunanza Plenaria.

“Tutti i diplomati magistrale sappiano che i precari storici già inseriti nelle GaE ci hanno già richiesto di resistere giudizialmente alle eventuali avverse azioni ideate a soli scopi dilatori. Contro le dilatorie avverse azioni sono allo studio iniziative per chiedere la condanna per lite temeraria personale di ogni singolo diplomato magistrale che vorrà pretestuosamente dilatare i tempi dell’esecuzione della sentenza n. 11/2017 A.P.” dichiarano  ancora gli avvocati dei precari storici.

Nei precari delle GaE oramai vi è consapevolezza della propria forza e del proprio buon diritto, pertanto essi sanno bene che non devono più lasciar agire i diplomati magistrale indisturbati nelle aule dei Tribunali, perché la verità emerge anche grazie agli interventi ad opponendum.

“Per quanto attiene agli sbandierati ricorsi in sede europea riguardo un lamentato abuso dei contratti a termine dei DM in sede comunitaria, non può trovare riscontro contro i precari storici per una molteplicità di argomentazioni giuridiche avvallate dai più grandi esperti del diritto. Anche in punto di fatto le pretese europee dei DM non potrebbero mai trovare accoglimento, atteso che prima di ogni loro ipotesi di sfruttamento bisogna garantire la tutela del diritto dei precari storici già inseriti a pieno titolo nelle GaE. Sicuramente la lamentela europea di un diplomato magistrale non può danneggiare chi è indubbiamente da stabilizzare prima di ogni altra categoria, ovvero i precari storici delle GaEspiegano gli avvocati Gabrieli e Ficarelli.

Se il fronte dei diplomati magistrale può contare su oltre circa 43.000 persone dalla parte dei precari storici vi sono oltre 100.000 persone interessate dalla vicenda.

Oltre ai 26.000 precari storici inseriti nelle GaE vi sono oltre 70.000 tra laureati in Scienze della Formazione primaria e vincitori di concorso che meritano di ricevere doverosa attenzione e protezione dal parte del Ministero e da parte di tutti i politici.

I laureati in Scienze della Formazione Primaria si sono formati attraverso studi universitari, nei quali la pedagogia e la didattica continua a rappresentare il fulcro dell’insegnamento.

Costoro insegnano da diversi anni, con passione e alta professionalità, attraverso le graduatorie d’istituto, e oggi sono ormai stanchi di dover sopportare ancora le assurde pretese provenienti dai dei meri diplomati magistrale.

In sintonia con la più importante Giurisprudenza Europea, dopo la stabilizzazione dei precari storici, lo stato dovrà stabilizzare i docenti attraverso appositi concorsi, ma che non potranno mai essere riservati ai diplomati magistrale perché il merito ha la sua importanza.

La laurea la si consegue con serio studio e dedizione, e vale più di un diploma conseguito più di vent’anni prima.

D’altro canto, se i diplomati magistrale ante 2001/2002 avessero voluto realmente insegnare si sarebbero dovuti dotare di un  giusto merito e un’adeguata giusta preparazione, in altri termini, in un ventennio avrebbero potuto anche studiare e superare un concorso o laurearsi. In venti e più anni chi invece ha creduto nell’insegnamento come professione si è dato da fare. E’ ora che lo Stato garantisca e salvaguardi il vero merito.

Ogni differente scelta del Governo comporterebbe un sicuro danno erariale derivante dal colossale contenzioso che i precari storici, uniti ai laureati in SFP e ai vincitori di concorso, avanzerebbero immediatamente contro lo Stato Italiano per salvaguardare il loro buon diritto.

Insomma, per i diplomati magistrale non c’è posto nelle graduatorie, così come non vi è possibilità per loro  auspicare  sanatorie o  concorsi riservati.

Per accelerare la fuoriuscita dei diplomati magistrale dalle GaE, i primi di febbraio si avvieranno delle procedure ad hoc, che di certo richiameranno al dovere tutte le parti coinvolte, probabilmente facendo perdere il sonno ai molti Diplomati Magistrale interessati.

 

 

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Lavoro: il 24% degli infartuati lo perde entro 12 mesi dal rientro

Milano, 9 gennaio 2018 – Un lavoratore infartuato su 4 abbandona il lavoro, volontariamente o meno, entro 12 mesi dal rientro in azienda. Recenti studi hanno dimostrato che, negli ultimi anni, l’età media delle persone colpite da infarto si sta via via abbassando: in base ad uno studio condotto su circa 4.000 pazienti dalla Cleveland Clinic, pubblicato sulla rivista New England Medicine, l’età media si è abbassata dai 64 ai 60 anni, con una casistica sempre più ampia al di sotto dei 50 anni.

Di certo sono molte le possibili conseguenze di questo cambiamento sulla vita degli individui. Basti pensare che nel nostro Paese muoiono decine di migliaia di persone ogni anno proprio per infarto miocardico acuto.

Gli infarti, fortunatamente, non sono però sempre letali: è stato dimostrato che la mortalità degli attacchi cardiaci acuti nel primo mese è compresa tra il 30 e il 50%.

Il fatto che l’età media degli infarti stia scendendo porta, tra le altre cose, anche ad un progressivo aumento degli infarti in età lavorativa.

«Un infarto segna profondamente la vita di un individuo, anche dal punto di vista professionale» spiega Carola Adami, fondatrice e Ceo della società di ricerca e selezione del personale di Milano Adami & Associati, aggiungendo che «in molti casi gli infartuati hanno delle concrete difficoltà a proseguire normalmente la propria carriera lavorativa.

Non è infatti raro incontrare persone che, ad un anno o due dall’infarto, sono state costrette a cambiare totalmente lavoro o, nel peggiore dei casi, a ritirarsi completamente».

E le parole dell’head hunter sono confermate da uno studio danese: stando ad un’indagine pubblicata su JACC e condotta da Laerke Smedegaard, della Herlev & Gentofte University di Hellerup su 22.394 infartuati, il 24% di essi finisce per abbandonare del tutto il lavoro entro il primo anno della ripresa lavorativa.

Un dato allarmante, soprattutto perché raccolto in uno dei dei migliori esempi di welfare state a livello internazionale. Pur non potendo contare su studi simili nel nostro Paese, infatti, sembra difficile poter fare di meglio.

Va infatti sottolineato che di norma gli studi sul rientro lavorativo degli infartuati si fermano ad esaminare la percentuale dei lavoratori i quali , dopo essere stati vittime di un infarto, rientravano regolarmente a lavoro. In questo caso, però, si è voluto allungare lo sguardo, osservando cosa succede nei primi 12 mesi dal rientro, ed è qui che esce il dato allarmante: 1 lavoratore infartuato su 4 abbandona il lavoro, volontariamente o meno.

Come ha sottolineato l’autore della ricerca Smedegaard, «il fatto di riuscire a mantenere il proprio posto di lavoro dopo un infarto è un fattore importante per la qualità di vita, per l’autostima e per la stabilità economica dell’infartuato».

Data l’ampiezza di questo fenomeno, in effetti, questa disoccupazione di ritorno andrebbe studiata maggiormente, andando ad analizzare nel dettaglio quali sono i motivi precisi che spingono queste persone ad allontanarsi dal proprio lavoro precedente e, in certi casi, ad allontanarsi dall’intero mercato del lavoro.

«Di certo questi dati devono farci riflettere: se ormai da anni si parla dell’accumulo di stress tipico di certe professioni come ulteriore fattore di rischio di infarto, ora dobbiamo iniziare a pensare non solo alle cause, ma anche agli effetti che un infarto può avere sulla vita professionale di una persona» ha sottolineato Carola Adami.

Non a caso lo stesso Smedegaard ha affermato che «la riabilitazione cardiaca successiva ad un infarto dovrebbe puntare anche ad aiutare i pazienti a mantenere le proprie capacità lavorative a lungo termine».

 

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