Private equity: ecco le competenze manageriali indispensabili

C’è una via che spesso che piccole e medie aziende non prendono in considerazione per la loro crescita. Si parla dell’opportunità rappresentata dal private equity, e quindi dagli investimenti dall’esterno che possono imprimere una potente accelerazione allo sviluppo di qualsiasi tipologia di realtà. Ma sono tante le condizioni e i requisiti da rispettare per poter trasformare questo sogno in realtà: al di là dei fondi e della qualità del progetto sul quale investire, è necessaria infatti anche la presenza di grandi e specifiche competenze manageriali. Di quali skills si parla nel dettaglio quando ci si avvicina al mondo del private equity?

Lo abbiamo chiesto a Carola Adami, fondatrice di Adami & Associati, società internazionale di head hunting specializzata nella selezione di personale qualificato e nello sviluppo di carriera. «Di certo quello del private equity è un mondo che presenta affascinanti sviluppi di carriera per i manager più competenti e più audaci, e che desiderano alzare l’asticella del gioco» spiega l’head hunter. «Prima di tutto, nel caso della disposizione di fondi, è necessario individuare un manager al quale affidare il controllo e la gestione del piano di crescita, che assuma il ruolo di CEO. Si parla dunque di una figura capace di leggere alla perfezione il mercato, contraddistinta da una naturale leadership nonché da una peculiare capacità di pensiero laterale. L’opportunità, per il manager, è quello di fare un salto di qualità capitalizzando tutto quello che si è appreso e sviluppato negli anni precedenti di lavoro».

Non si parla però unicamente del CEO: se da una parte serve un professionista in grado di creare il valore cercato dagli investitori, dall’altra serve un talento in grado di avere il pieno controllo sul lato finanziario. «Ecco che allora gli investitori hanno la necessità di poter contare un capace CFO, che sappia assicurare la piena credibilità di ogni dato presentato, che abbia le skill indispensabili per monitorare in modo attento ed esperto l’andamento gestionale, e che sappia correggere il tiro qualora i risultati siano differenti rispetto agli obiettivi fissati». Quello che cerca un head hunter, in questi casi, non è quindi un semplice manager con skill amministrative. «Esatto, quella che si cerca è invece una figura che sia già di per sé portata a pensare quando necessario fuori dagli schemi, con un forte senso di ownership, nonché con una grande e sempre aggiornata conoscenza delle possibili implicazioni fiscali: si parla infatti di attività di finanza straordinaria»

A completare il quadro delle competenze manageriali da mettere in campo quando si parla di private equity ci deve essere anche una figura commerciale in grado di concretizzare il tutto. «Quello che serve è un direttore commerciale di spessore, che sappia applicare le risorse finanziarie, strumentali e umane a disposizione per raggiungere nei tempi stabiliti gli obiettivi strategici prefissati».

Resta da capire come ci si muove normalmente per individuare i profili giusti. «Senz’altro il primo step è quello di controllare la presenza di manager promettenti, capaci e con le giuste skills all’interno dell’azienda sulla quale hanno deciso di puntare gli investitori» spiega l’head hunter, aggiungendo però che «non di rado è necessario rivolgersi all’esterno. Ecco che allora ci si mette alla ricerca sul mercato del lavoro, sapendo che in ricerche di questo tipo un valore importantissimo viene riconosciuto alle referenze provenienti dal network di ogni potenziale candidato». Solo tenendo in alta considerazione tale aspetto, infatti, si può avere la certezza di selezionare il manager ideale per delle realtà di questo tipo.