Reddito di cittadinanza: per il Prof. Mele solo a chi non può lavorare

Il prof. Marco Mele, economista e manager

Roma, 30 settembre 2022 – Una delle grandi sfide che dovrà affrontare il nuovo Governo sarà il proseguo o meno del Reddito di Cittadinanza. Questo sussidio, istituito con il Decreto Legge n°4 del 28 gennaio 2019, doveva rappresentare una forma condizionata e non individuale di reddito minimo garantito ma, tuttavia, sin da subito ha perso proprio la caratteristica di condizionalità.

In altre parole, l’erogazione del sussidio targato M5S era strettamente collegato alla immediata disponibilità al lavoro da parte dei componenti di un nucleo familiare nonché, all’adesione ad un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo.

Come sappiamo, però, nonostante la creazione dei Navigator l’accompagnamento verso il mercato del lavoro è stato un fallimento facendo, del Reddito di Cittadinanza, un tema oggetto di molte critiche a causa della sua caratteristica di disincentivare il lavoro.

Allo stato attuale, secondo l’Inps, circa 2,5 milioni di persone risultano percettori del sussidio divisi tra chi percepisce il RdC, e chi la forma pensionistica dello stesso con un importo medio erogato, a livello nazionale, di 549 euro.

A livello aggregato, nei primi tre anni, sono stati elargiti sussidi a 2 milioni di nuclei familiari, per un totale di 4,65 milioni di persone, e per una spesa di quasi 20 miliardi di euro. In aggiunta, su 100 soggetti beneficiari del RdC, quelli “teoricamente occupabili” risultano essere poco meno di 60 (Fonte AGI-Inps-).

Di per sé, quindi, si nota chiaramente, come lo Stato ha sostenuto una spesa, per trasferimento, molto elevata alla quale è possibile scorporare la quota spesa per ogni posto di lavoro creato con il Reddito di Cittadinanza, ossia 52 mila euro annui. Quota, questa, molto superiore alla media del costo di un lavoratore sia nel settore pubblico che privato. È proprio da questi dati che emerge il forte contradditorio sul conservare o meno tale manovra di assistenza statale.

Da una parte c’è chi, il Movimento 5 stelle in primis, vorrebbe mantenerla dall’altra, il Centro-destra, preferirebbe modificarla o eliminarla del tutto.

Il Prof. Marco Mele, Associato di Politica Economica presso la Unicusano e vicino al Centro-destra, sentito sulla questione, ha sottolineato come “la misura del Reddito di Cittadinanza dovrebbe essere eliminata prima di proporre una nuova forma dello stesso. Di fatto, si dovrebbe lasciare spazio a una misura di sussidio più idonea solo verso le fasce più deboli della popolazione distinguendo tra coloro i quali possono lavorare e coloro che, invece, purtroppo, sono impossibilitati a farlo.

“Nonostante il Reddito di Cittadinanza ha rappresentato una salvezza per numerose famiglie durante la crisi pandemica – continua l’economista – la lotta alla povertà non può essere realizzata tramite un “helicopter money” ma rilanciando la domanda aggregata lungo il ciclo economico e questo, attraverso interventi diretti volti a creare opportunità occupazionali. In aggiunta, data la crisi energetica attuale, non possiamo permetterci spese assistenziali fallimentari che gravano sul rapporto deficit/PIL.

In altre parole, va bene un sussidio sulla falsa riga del Reddito di Cittadinanza ma solo a coloro che sono impossibilitati a lavorare.

“Per gli altri bisogna generare posti di lavoro facendo crescere l’economia attraverso misure mirate di politica economica fiscale che il nuovo Governo, certamente, ha già in mente di attuare”, conclude il Prof. Mele.